(ANSAmed) - BELGRADO, 13 OTT - In un contesto europeo di
valorizzazione delle espressioni culturali dei Popoli
dell'Africa, il Museo di Arte Africana e l'Istituto Italiano di
Cultura a Belgrado hanno promosso una tavola rotonda
sull'esposizione in corso della Collezione italiana Pierluigi
Peroni intitolata "I cavalieri dei Kotoko, custodi dell'anima"
che, visto il notevole successo di pubblico e mediatico
incontrato, è stata ulteriormente prolungata fino al 2 novembre
prossimo.
E' la prima mostra italiana allestita nella cornice esotica del
Museo d'Arte africana di Belgrado e la prima collaborazione
dell'Istituto Italiano di Cultura con questa importante
istituzione museale della regione dei Balcani occidentali e
danubiana. E' costituita da più di trecento statuine in metallo,
realizzate da artisti Kotoko, una popolazione semi nomade che
vive sulle sponde meridionali del lago Ciad: in Camerun, Ciad e
Nigeria. Si tratta di una collezione esclusiva, di cui ogni
esemplare è un'opera d'arte, una sorta di "universo artistico in
miniatura, con aspetti di grande interesse estetico ed
antropologico, pur nelle sue minuscole dimensioni", scrive
Pierluigi Peroni, collezionista e studioso italiano di arte
africana.
La mostra curata da Marija Licina e Dragan Miskovic,
antropologi e studiosi di arte africana dell'Università di
Belgrado, è ospitata negli spazi del Museo d'arte africana di
Belgrado. Per promuovere e valorizzare l'esposizione, oltre ad
un programma di visite guidate e ad alcuni incontri di
riflessione scientifica e accademica, sono stati anche
allestiti, ogni domenica, programmi e laboratori per bambini, in
cui i piccoli hanno la possibilità di realizzare i loro cavalli
e cavalieri in creta sull'esempio di quelli degli artisti
Kotoko. Nel frattempo i genitori e gli altri visitatori hanno la
possibilità di partecipare a visite guidate che presentano la
cultura kotoko e la sua regione geografica d'origine.
I "Putchu Guinadji" - questo è il nome delle statuine - sono
piccole sculture, soprattutto in bronzo, ma anche in ferro,
rame, stagno o leghe di metalli poveri, realizzate con la
tecnica della "fusione a cera persa", che non superano gli
undici centimetri di altezza. Rappresentano cavalieri in groppa
ad un cavallo e in rarissimi casi un cavallo senza fantino. Sono
anche preziosi talismani, "custodi dell'anima", che, secondo la
credenza popolare dei Kotoko, rivestono una vera e propria forma
di terapia contro la follia e la possessione. Il cavallo
rappresenta lo spirito dell'individuo posseduto dalla malattia.
Il cavaliere è, invece, lo spirito che lo possiede. I cavalieri
sono quasi sempre armati perchè devono difendere il malato dagli
spiriti maligni, mentre i cavalli, a volte, trasportano un
coccodrillo, per intimorire gli spiriti malvagi e allontanarli
dal malato.
L'incontro di Belgrado, introdotto dalla direttrice del Museo
d'Arte africana Narcisa Sijan, è stato seguito da un intervento
dell'ambasciatore della Nigeria Harold Augustus Koko e di Sira
Miori, direttrice dell'Istituto Italiano di Cultura a Belgrado.
Erano presenti sette ambasciatori, in rappresentanza di
altrettanti Paesi del continente africano: dalla Nigeria al
Congo, alla Guinea, per l'Africa subsahriana, dalla Libia alla
Tunisia all'Egitto, per l'Africa settentrionale, oltre ad
autorità serbe e internazionali. (ANSAmed)
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Collezione italiana a Museo arte africana di Belgrado
Mostra su 'I cavalieri dei Kotoko'