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Università: guerra civile Siria e Libia, in tanti lasciano

Atenei chiusi. Rettore An-Najah, scambi difficili nei Territori

Redazione Ansa

(di Cristiana Missori) (ANSAmed) - ROMA, 1 OTT - Costretti ad abbandonare gli studi o a emigrare - almeno i più fortunati - per potere proseguire la propria formazione accademica. Le conseguenze della guerra civile in Siria e il tracollo della Libia hanno avuto un forte contraccolpo sulla vita dei giovani laureandi.

A descrivere la difficile situazione in cui versano i giovani universitari siriani e libici è Sultan Abu-Orabi, segretario generale dell'Associazione delle Università arabe (Aua). ''Molti studenti siriani sono fuggiti, lasciando vuoti gli atenei, e oggi studiano in Turchia, Giordania, Libano o in Europa'', spiega ad ANSAmed a margine delle due giornate di incontri dedicate alla politica di Vicinato, mobilità e formazione dei giovani del Mediterraneo, ospitate all'Università La Sapienza di Roma e organizzate in collaborazione con Unimed (Unione delle Università del Mediterraneo), Ambasciata di Francia in Italia e Istituto francese in Italia. ''Per aiutare i ragazzi siriani a trovare lavoro subito dopo la laurea, la nostra Associazione - che conta 208 università in tutto il mondo arabo - ha istituito un fondo''.

Anche in Libia la situazione è drammatica. ''Attualmente l'unica università rimasta aperta è la Omar al-Mukhtar di Beida (nel Nord del Paese, ndr)''. Prima del crollo del regime di Gheddafi erano invece attivi 13 atenei.

La situazione va invece migliorando in Egitto, che conta oltre una quarantina di istituti universitari, fulcro, dal 2011 a oggi, di numerose proteste spesso finite nel sangue. Le cose vanno meglio anche nella non lontana Giordania, racconta Abu-Orabi. Il Regno hashemita conta 32 università (di cui 22 private) e riesce ad attrarre anche giovani studenti europei. Critica, da sempre, la situazione nei Territori palestinesi, come denuncia il Rettore dell'Università An-Najah di Nablus, Maher Natsheh. ''L'occupazione israeliana rende praticamente impossibile o inutile per qualsiasi studente, arabo o europeo, venire a studiare da noi''. I visti di ingresso, infatti, non possono superare i 3 mesi. ''Superato quel limite temporale, chiunque scelga di studiare a An-Najah deve lasciare l'ateneo e poi provare a rientrare con un nuovo visto. Una follia''. A frequentare questa università - nota soprattutto per le facoltà di ingegneria e medicina - sono comunque 23 mila giovani.

Anche per gli studenti palestinesi è complicato studiare all'estero. Soprattutto se diretti verso università del mondo arabo. ''Spesso è più facile ottenere un visto per l'Europa - aggiunge ironico - che non per un Paese arabo''. Nella maggior parte dei casi, sospira, ''la cooperazione nella regione è più virtuale che concreta''. (ANSAmed).

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