(ANSAmed) - POZZALLO, 15 MAR - Hanno ricordi molto confusi
e non sanno dire se alcuni dei loro compagni fossero già morti
ancor prima che la barca si capovolgesse perché da giorni non
avevano né cibo né acqua. Lo hanno riferito al team di Medici
senza frontiere alcuni dei 17 superstiti dell'ultimo naufragio
di migranti nel Mediterraneo in cui hanno perso la vita 30
persone. Quindici sono nell'hotspot di Pozzallo dove il team di
Msf è presente da ieri per dare supporto psicologico. Altri due
sono in ospedale, ma non sono in gravi condizioni.
Durante i colloqui i sopravvissuti hanno raccontato anche le
difficili condizioni di vita affrontate in Libia prima della
traversata. Tutti loro, prima di imbarcarsi in mare, sono
rimasti due mesi imprigionati in una stanza buia senza mai
vedere la luce. "Un giorno - hanno ricordato - sono venuti a
prenderci, ci hanno incappucciato e ci hanno portato sulla
spiaggia. Ci hanno puntato i fucili addosso e ci hanno fatto
salire sulla barca. Dopo qualche giorno di navigazione il motore
ha smesso di funzionare e siamo rimasti alla deriva per un
giorno e una notte. La barca si è ribaltata a causa del mare
grosso e così siamo finiti in acqua".(ANSAmed).
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Migranti: superstiti, due mesi in prigione Libia senza luce
Racconto a medici Msf, passati giorni senza né cibo né acqua