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Tunisia: Ramadan, ministero nega sit-in per chiusura caffé

Ma organizzatori confermano manifestazione per il 27 maggio

Redazione Ansa

TUNISI - Il ministero dell'Interno tunisino ha negato, per motivi di sicurezza, l'autorizzazione al sit-in annunciato da un collettivo per i diritti civili per il 27 maggio prossimo sotto l'hashtag #Mouch Bessif (Non per forza), per denunciare la chiusura dei caffè durante il mese di ramadan e chiedere l'applicazione dell'art. 6 della Costituzione che consacra la libertà di religione e di coscienza. Lo rende noto in un comunicato, l''Associazione dei liberi pensatori', indicando che tra i motivi del diniego ci sarebbe il fatto che tale manifestazione rappresenterebbe una reale minaccia all'ordine pubblico e che le forze dell'ordine non sarebbero in grado di assicurare la protezione dei partecipanti al sit-in. Una decisione, quella del ministero che l'associazione interpreta come ''una violazione evidente della Costituzione e una minaccia alla libertà di espressione e di manifestazione", sottolineando come ''il ruolo del ministero dell'Interno si debba limitare a proteggere i partecipanti alle manifestazioni e non ha il diritto di vietare il diritto di manifestare. Dunque la manifestazione, secondo l'Associazione dei liberi pensatori, si terrà lo stesso, il 27 maggio prossimo dalle 14 alle 16, davanti al ministero del Turismo di Tunisi come conferma all'ANSA anche un membro di un altra organizzazione. Come ogni anno, in Tunisia, nel periodo del mese sacro del Ramadan, si accende il dibattito sulla questione se sia lecito o meno mantenere aperti i bar o caffè, che per la maggior parte restano chiusi fino al calar del sole. Nessuna legge tunisina, infatti, impedisce di mangiare o bere in pubblico durante il ramadan e la Costituzione del 2014 del resto garantisce "libertà di religione e di coscienza" consacrando nel contempo lo Stato come "garante e custode della religione". Tuttavia, una circolare del 1981 di fatto dispone la chiusura di caffè e ristoranti in tutto il Paese (eccetto quelli autorizzati) e la proibizione di vendita di alcolici. (ANSAmed).

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