(ANSA) - RABAT, 21 LUG - La manifestazione era stata vietata,
Al Hoceima era finita sotto assedio. La città che da nove mesi,
quasi ogni giorno scende in piazza per chiedere diritti e
sviluppo, si è preparata silenziosamente alla grande
mobilitazione. E puntuale alle 17 (le 18 ore italiane),
rispettando la chiamata arrivata via social, la popolazione si è
riversata ieri per le strade. Il luogo è rimasto segreto fino
all'ultimo. Poi, all'improvviso, ecco gli slogan: "Libertà,
dignità, giustizia sociale", scandiscono gli attivisti che sono
riusciti a raggiungere Piazza dei Martiri, il centro della
cittadina, cuore di tutte le manifestazioni dell'Hirak, il
"movimento".
Sbucano da ogni dove, i poliziotti tentano di disperderli a
colpi di manganello e con gas lacrimogeni. I manifestanti
continuano ad arrivare, ma non riescono a formare un unico
grande gruppo.
Ogni angolo è bloccato dalle camionette della polizia, ma i
manifestanti arrivano anche via mare. Piano piano, mentre i
commercianti chiudono bottega, i caffè consegnano il conto ai
clienti, per farli allontanare, la tensione sale. Fin dalle
prime ore del pomeriggio i collegamenti internet rallentano;
funziona a rilento solo il wifi - lamentano gli internauti - le
reti mobili 3G e 4G sono sparite. In un attimo, gli abitanti
sbloccano il wifi di case e negozi per metterlo a disposizione
di tutti.
La sfida è diretta al ministro dell'Interno che ha scelto la
linea dura e attraverso Mustapha El Khafi, ministro della
Comunicazione e portavoce del governo aveva annunciato: "Non ci
faremo intimidire, ci assumiamo ogni responsabilità. È tempo di
prendere una posizione ferma, garantita dalla legge e sotto la
supervisione della giustizia".
I primi arresti scattano alle 16.30: tre ragazzi, a pochi
metri dalla piazza dei martiri, centro della città, sono
interrogati e arrestati senza alcun motivo apparente.
La marcia degli attivisti
Gli attivisti sui social raccontano la marcia di
avvicinamento. Arrivano da Fes, Casablanca, Rabat. Descrivono le
barriere e i posti di blocco che iniziano a 100 km da Al
Hoceima. Chi supera gli sbarramenti viene identificato e
registrato su quaderni rossi, riferiscono.
Nelle piazze, lo schieramento è imponente: c'è la gendarmeria
reale, la polizia giudiziaria, l'esercito. La Federazione della
Sinistra democratica, tra i sostenitori dell'Hirak, fa sapere
via Twitter che una parte della delegazione è stata bloccata e
per evitare che entrasse a Al Hoceima sono state sequestrate
carte di identità e automobili. L'aeroporto di Al Hoceima è
chiuso.
L'appello era partito da Nasser Zefzafi, leader dell'Hirak,
il movimento di protesta, prima ancora del suo arresto, avvenuto
alla fine di maggio. E nonostante siano finite dietro le sbarre
tutte le figure di spicco della mobilitazione, il web ha fatto
da cassa di risonanza. Il divieto siglato dalla prefettura e
organizzato con misure antisommossa non ha intimidito più di
tanto: il sostegno è arrivato anche dai numerosi marocchini
residenti all'estero e rientrati a casa per le vacanze estive.
Sulla casa di Zefzafi sventola bandiera nera, in segno di
lutto. Zefzafi, da parte sua, ha mandato un messaggio di
ringraziamento per quanti manifestano. Idealmente è al loro
fianco, anche se umiliato da un video diffuso di recente sui
siti marocchini, registrato in carcere, mentre, nudo, è
sottoposto a orrende umiliazioni.
La coincidenza storica
La manifestazione chiede la liberazione dei detenuti
dell'hirak oltre che il diritto allo sviluppo di questa zona. La
data del 20 luglio cade poi come la ciliegina sulla torta: è
l'anniversario di una battaglia fondamentale per l'indipendenza
dalla Spagna. Nel 1921, quella data segnò l'inizio della Guerra
del Rif, l'istituzione della Repubblica del Rif che durò fino al
1927 e la nascita di un personaggio entrato nella mitologia del
Marocco: Abdelkarim El Khattabi, fine stratega e capo
carismatico della resistenza contro i coloni spagnoli.
Nove mesi di tensione
La tensione è alle stelle da mesi in questa zona a nord, a
ridosso della catena del Rif. Dall'incidente mortale che alla
fine di ottobre scorso ha riacceso la protesta, dopo molti anni.
Il pescivendolo ambulante finito tritato nel camion dei rifiuti
è la miccia che scatena le manifestazioni: tutti a protestare
contro la hogra, l'ingiustizia che a dire degli abitanti tiene
sotto scacco questa regione, dove da sempre si registrano spinte
indipendentiste dalla monarchia. Inutile il tentativo di
rilanciare il piano di investimenti e cantieri siglato nel 2015
dall'esecutivo: re Mohammed VI ha ritirato le ferie ai ministri
per avere un rapporto dettagliato dello stato dell'arte.
Intanto le manifestazioni si sono susseguite al ritmo di quasi
un migliaio, 800 secondo i calcoli del ministro dell'Interno.
Secondo l'ultimo bilancio ufficiale, 176 manifestanti sono
finiti in carcerazione preventiva, 120 hanno già subito un
processo ottenendo in prima istanza fino a 20 mesi; alcuni sono
ai domiciliari in attesa di essere ascoltati dai giudici.
(ANSAmed).
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Marocco, la sfida del Rif alla marcia vietata dal governo
In migliaia con l'Hirak, gas lacrimogeni per disperderli