(ANSAmed) - ROMA, 16 FEB - Il ricorso di cinque cittadini
sudanesi contro il governo italiano alla Corte europea dei
diritti umani serve ad affermare che "l'Italia non può
collaborare ed essere complice di regimi dittatoriali come
quello del Sudan. Accordi con questi Paesi non vanno fatti e
qualora venissero fatti non hanno alcun valore giuridico". Con
queste parole l'avvocato Salvatore Fachile dell'Associazione per
gli studi giuridici sull'immigrazione ha illustrato l'iniziativa
contro l'Italia che cinque cittadini sudanesi hanno avviato
l'Italia presso la Corte europea dei diritti umani, dopo aver
subìto un rimpatrio il 24 agosto del 2016.
Alla conferenza stampa hanno partecipato membri delle
associazioni che fanno parte del Tavolo asilo nazionale.
La vicenda ha inizio il 3 agosto dello scorso anno, quando,
secondo quanto viene riferito in conferenza stampa, le polizie
sudanese e italiana hanno sottoscritto un accordo per
semplificare il rimpatrio di cittadini irregolari provenienti
dal Paese africano. A seguito di questa intesa è stata
organizzata quella che l'avvocato Fachile definisce
"un'operazione mirata, un rastrellamento". Circa 60 migranti
sudanesi che si trovavano a Ventimiglia e tentavano di
attraversare la frontiera e raggiungere la Francia "sono stati
presi, sparpagliati per l'Italia e successivamente raggruppati a
Torino". Da lì 40 di loro hanno subìto la partenza forzata,
mentre alcuni sono riusciti a non essere imbarcati sul volo per
Khartoum e successivamente hanno ricevuto lo status di
rifugiati. "Con il rimpatrio sono stati violati i principi della
Costituzione, delle nostre leggi sull'immigrazione e gli
articoli 3 e 4 della Carta europea dei diritti dell'uomo, che
vietano il rimpatrio delle persone verso Paesi in cui rischiano
un trattamento disumano" spiega Fachile.
Il ricorso è stato depositato lunedì 13 febbraio dopo un
viaggio fatto in Sudan per incontrare cinque dei circa 40
sudanesi che sono stati rimpatriati, rintracciati grazie a un
contatto mantenuto con chi era riuscito a scappare dal rimpatrio
e ora gode dello status di rifugiato. Se condannata l'Italia
rischia il pagamento di un risarcimento del danno, e
successivamente si può chiedere che la Corte dia indicazioni
all'Italia per rispettare i principi dei diritti umani. "Serve
una conferma dalla Corte europea che questi rimpatri non possono
essere realizzati in questo modo: rimpatri collettivi, di massa,
basati sull'appartenenza etnica. Speriamo che la corte dica che
questo rimpatrio è illegittimo, così da annullare gli accordi e
le strategie che il governo italiano sta portanto avanti in
obbedienza totale ai mandati europei" accusa l'avvocato
dell'Asgi.
In particolare le associazioni sono preoccupate dei progetti
di accordi tra Unione europea e Sudan in tema di gestione dei
flussi migratori, che prevedono "la formazione della polizia
sudanese per il controllo delle frontiere, mezzi e
infrastrutture e scambio di informazioni", sottolinea Sara
Prestianni dell'Arci. "Considerando il dittatore al-Bashir,
accusato di genocifio e crimini contro l'umanità, un
interlocutore si frena il processo di verità e giustizia per le
vittime del Darfur, che sembra dimenticato con il tentativo di
ripulire l'immagine del dittatore solo perchè si ha bisogno di
lui nella gestione della migrazione" accusa
Prestianni.(ANSAmed).
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Migranti: Italia non sia complice di regimi dittatoriali
La conferenza stampa sul ricorso di 5 sudanesi contro Italia