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A.Saudita: Pena di morte? Continueremo applicare sharia

Amnesty International: 'Ritmo esecuzioni senza precedenti'

Il re saudita Salman bin Abdul Aziz

Redazione Ansa

(di Virginia Di Marco)(ANSAmed) ROMA, 5 MAR - L'Arabia Saudita non cede alle pressioni internazionali che da tempo chiedono al regno di abolire la pena di morte. Parlando ieri davanti al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, a Ginevra, Bandar Al-Aiban, presidente della Commissione saudita per i diritti umani, ha ribadito che il Paese continuerà ad attenersi a quanto previsto dalla sharia, in particolare per quanto riguarda l'applicazione della pena di morte. Lo riportano oggi media locali. "Il regno - ha affermato Al-Aiban - vuole difendere sia i diritti delle vittime che quelli dei responsabili dei crimini.

Questo è lo spirito che sottende all'applicazione della pena capitale". Il presidente della commissione diritti umani ha poi sostenuto che la pena di morte venga applicata solo "in rari casi" e per "crimini gravi", che "violano i diritti individuali e minacciano la sicurezza e la stabilità della società". "La pena capitale viene eseguita solo dopo essere stata confermata da almeno 13 giudici in tre gradi di giudizio", ha concluso. Ma questa dichiarata prudenza nell'applicazione della pena di morte si scontra con le accuse lanciate proprio in questi giorni contro l'Arabia Saudita dall'organizzazione non governativa Amnesty International, secondo la quale le esecuzioni nel regno stanno procedendo con "un ritmo senza precedenti". Dall'inizio dell'anno, le sentenze di morte eseguite sono state 38: vale a dire tre volte la cifra registrata nello stesso periodo del 2014. L'allarme della ong è arrivato in particolare dopo che lo scorso martedì sono stati giustiziati in tre (un condannato per stupro e due per omicidio).

Secondo la legge saudita modellata sulla sharia, può incorrere nella pena capitale chi commette assassinio, stupro, adulterio, sodomia, traffico di droga, rapina armata e apostasia. E proprio di quest'ultimo crimine - apostasia - è ora sospettato il blogger saudita Raif Badaw, già condannato a 10 anni di prigione e a 1.000 frustate per avere "offeso l'Islam". Ora, il 31enne blogger rischia di essere riprocessato e, se riconosciuto colpevole, di essere condannato a morte. Il grido di aiuto è arrivato all'inizio di questa settimana dalla moglie e ha avuto eco sulla stampa e nell'opinione pubblica internazionale. Per ora, tuttavia, appelli di attivisti per i diritti umani e politici non hanno portato a un esito apprezzabile. (ANSAmed)

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