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Islam: esperti, 'serve più formazione per imam in Europa'

Allievi, Italia non ha compreso di essere Paese multireligioso

Redazione Ansa

(di Francesca Bellino)

(ANSAmed) - ROMA - Incrementare le occasioni di formazione degli imam in Italia e in Europa per permettere loro di essere concretamente dei ponti tra le moschee e le comunita'. E' quanto e' emerso dalla conferenza internazionale "Imams in Western Europe", organizzata dalla LUISS Guido Carli in collaborazione con la John Cabot University, e che si concludera' domani a Roma.

Tanti i ricercatori coinvolti per confrontarsi sul tema dell'integrazione sociale, culturale e politica dell'Islam all'interno della società europea. Tra questi Paolo Branca, docente di lingua araba all'Universita' Cattolica di Milano, intervenuto oggi. Ispirandosi alle cattive condizioni climatiche odierne, Branca ha sottolineato quanto "in Italia si stia subendo l'espansione dell'Islam come se fosse un fenomeno atmosferico, senza pianificare nessun intervento a medio lungo termine per migliorare la convivenza". "Quando la pioggia finira' ne scopriremo i danni - ha aggiunto, sottolineando che "la situazione nelle moschee e' fortemente caotica. L'Islam e' una religione senza una gerarchia strutturata, dunque e' difficile stabilire come risolvere l'assenza di leader religiosi. Per questo si sente sempre piu' forte l'esigenza di formare gli imam con metodologia scientifica e critica che spesso, nel contesto occidentale, si improvvisano tali per necessita'. Non servono catechisti e predicatori, ma persone competenti capaci di dialogare con le Istituzioni".

"La prima cosa da chiarire e' che gli imam non sono preti", ha premesso Stefano Allievi, esperto di Islam e docente di sociologia all'Universita' di Padova, mettendo in guardia di fronte la "chiesizzazione" dell'Islam in Europa. "Nei Paesi d'origine gli imam si occupano della preghiera, in Occidente, invece, sono chiamati a farsi carico anche dei problemi pratici della comunita', senza averne le competenze. Parliamo spesso di imam importati, pagati poco, con un livello d'istruzione basso, non integrati anche a causa della mancata conoscenza della lingua del Paese di accoglienza".

"In generale - ha aggiunto Allievi - l'Italia non ha ancora capito di essere un Paese plurale dal punto di vista religioso, un dato che emerge nelle politiche pubbliche e istituzionali e nella legge. Dal 2007 non si parla piu' di Intese (quelle che lo Stato stipula con le comunità religiose non cattoliche, ndr). Un primo passo necessario sarebbe strutturare la formazione degli imam, finora troppo episodica o affidata a qualche universita', a differenza di altri Paesi europei piu' attenti al problema". (ANSAmed).

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