(di Diego Minuti)
(ANSAmed) - ROMA, 31 OTT - Da più di vent'anni, da quando
cioè, nell'ormai lontano 1993, l'Algeria ha aderito alla
moratoria per le condanne a morte promossa dalle Nazioni Unite,
nelle sue prigioni sono continuati ad arrivare detenuti che,
soprattutto da parte dei tribunali chiamati a giudicare presunti
terroristi o gravi episodi di criminalità comune, sono stati
ritenuti meritevoli della morte.
Ad oggi, secondo un recente rapporto di Amnesty
international, i giudici algerini hanno inflitto appunto dal
1993 oltre duemila condanne a morte, parecchie delle quali,
comunque, a carico di terroristi islamici, alcuni dei quali alla
macchia da un ventennio. Ma ce ne sono altri che, in prigione,
aspettano che la loro posizione si chiarisca perchè, pur se
l'Algeria ha aderito alla campagna Onu per sospendere le
esecuzioni di Stato, non è detto che qualcosa possa interrompere
questo lunghissimo periodo.
La condanna a morte, a leggere i diagrammi che ne
rispecchiano l'andamento nel tempo, hanno seguito una sorta di
percorso ondivago e corrispondente all'inasprirsi degli atti
legati al terrorismo islamico. Cosi' ci sono stati periodi di
relativa stasi conseguenza dei maggiori successi dell'esercito
contro i jihadisti, ai quali hanno fatto seguito picchi di
condanne quando la violenza islamista si è rimanifestata con
virulenza.
Così, ad esempio, nel 1994, quando la lotta all'estremismo
islamico aveva assunto le connotazioni di una guerra civile, in
600 furono condannati a morte. Il punto più basso è stato
raggiunto lo scorso anno (40 condanne), in un saliscendi
proporzionale ai successi nella lotta alla jihad: 285 nel 2008;
100 nel 2009; 130 nel 2010; 51 nel 2011 e 153 nel 2012.
L'algida sequenza delle cifre e delle statistiche ha però dei
vuoti, perchè non cita, ad esempio, il numero di coloro che sono
stati condannati a morte (e non hanno avuto la pena commutata
nell'ergastolo, come spesso accade) e sono decedute in carcere,
in attesa di conoscere la propria sorte.
Ma questa vicenda ha anche dei paradossi, perchè se la
permanenza in carcere da condannato a morte è un fatto carico di
angoscia e paura, dall'altro dà la possibilità, a chi sostiene
di essere innocente, di cercare di ottenere una revisione del
processo.
Ma è ben poca consolazione davanti ad una condizione perenne
di ''walking dead''. Perchè la condanna a morte, sino a quando
l'Algeria non deciderà di abolirla inserendo tale decisione in
Costituzione, penderà sui "morituri" con la lama di una
gigliottina pronta a calare sul loro collo.(ANSAmed).
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Algeria: pena morte, duemila condannati restano nel limbo
Paese ha aderito a sanatoria Onu, ma condanne capitali restano