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Libia: Amnesty, a ovest torture e crimini di guerra

Rapporto "La legge delle armi" accusa milizie e gruppi armati

Scontri a Bengasi

Redazione Ansa

(ANSAmed) - IL CAIRO, 30 OTT - Le milizie e i gruppi armati che si stanno scontrando nella Libia occidentale stanno commettendo gravi abusi, compresi crimini di guerra. E' la denuncia di un nuovo rapporto pubblicato oggi da Amnesty International sulla Libia dove vige "la legge delle armi".

L'organizzazione per i diritti umani parla di rapimenti, torture, esecuzioni sommarie, maltrattamenti dei detenuti e attacchi dei gruppi armati contro la popolazione civile sulla base dell'origine e della presunta affiliazione politica. Il rapporto comprende anche immagini satellitari che mostrano "il profondo disprezzo per le vite dei civili da parte di tutte le fazioni coinvolte negli scontri, con razzi indiscriminati e colpi di artiglieria diretti contro aree abitate che hanno danneggiato case, edifici civili e strutture mediche". "Compiere attacchi indiscriminati e prendere di mira strutture mediche sono atti proibiti dal diritto internazionale e possono costituire crimini di guerra. Ciò nonostante, tutte le parti in conflitto hanno lanciato razzi grad e hanno usato l'artiglieria per colpire centri densamente popolati", ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty.

In particolare, il rapporto punta il dito contro l'Operazione Alba, una coalizione di milizie filo-islamiste composta da gruppi provenienti da Misurata e Tripoli, e contro i loro rivali di Zintan e Warshafana, che operano nell'ovest della Libia e nella capitale. Il rapporto non fa riferimento alla situazione nell'est del paese e ai duri scontri avvenuti a Bengasi "Tre anni di impunità garantita alle milizie hanno rafforzato il potere di queste ultime e la convinzione di essere al di sopra della legge" - ha aggiunto Sahraoui -. Se i responsabili dei crimini non saranno chiamati a risponderne, la situazione è destinata a precipitare ulteriormente".

Amnesty denuncia infine come "la comunità internazionale ha ampiamente chiuso gli occhi di fronte agli anni di caos seguiti alla rivolta del febbraio 2011". (ANSAmed).

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