Rubriche

Nidhal, da stella del calcio tunisino a martire jihad in Siria

La parabola diel biancorosso Selmi, ucciso tra le file dell'Isis

L'ultima immagine dell'ex stella del calcio tunisino Nidhal Selmi

Redazione Ansa

(di Diego Minuti) (ANSAmed) - ROMA - L'ultima sua immagine conosciuta lo ritrae con un giaccone mimetico, la barba ed un arma da fuoco in mano. Non il 'solito' kalashnikov dei jihadisti, ma un fucile di precisione, quasi che il suo ruolo fosse non quello del combattente di prima linea, ma del cecchino. Ruolo lontano da quello che interpretava con la maglia biancorossa dell'Etoile sportive du Sahel o quella della nazionale tunisina di calcio. Ma quando ha 'sentito' la chiamata alla guerra santa, Nidhal Selmi non ha avuto dubbi e, lasciatasi alle spalle una carriera da calciatore breve, ma già ricca di soddisfazioni, ha lasciato la Tunisia per raggiungere il fratello e combattere all'ombra dei vessilli neri dell'Isis.

Nidhal Selmi, 23 anni, è morto in Siria, lasciando attonito il suo paese che pure ha coscienza d'essere suo malgrado coinvolto nella jihad dello Stato islamico, cui migliaia di giovani tunisini hanno aderito anche sotto la spinta della predicazione di imam estremisti.

Fino a pochi mesi fa Nidhal era un ragazzo come gli altri, in più baciato dalla fortuna anche economica perché si era guadagnato il posto prima nella sua squadra, poi nella nazionale. Giocando nell'Etoile sportive du Sahel, aveva conquistato i tifosi non solo in questa regione, ma in tutto il Paese. Poi, all'improvviso, qualcosa è cambiato, forse sotto la spinta dell'esempio del fratello che, abbandonata la famiglia, era partito per la Siria, passando per la Turchia.

Una 'conversione' all'islam estremo che non è giunta inattesa, come testimonia l'evoluzione grafica della sua pagina su Facebook divenuta, da quella spensierata di un giovane con mille prospettive ad una tetra, continua rivendicazione della supremazia dell'islam e della fondatezza delle teorie di chi lo vuole imporre con il sangue al mondo intero. E quando partì per la Siria, la sua decisione fu celebrata dai siti salafiti come la realizzazione di un sogno.

Poi la fine in una Siria devastata che continua ad attrarre irresistibilmente chi sente di dover combattere una guerra, anche se non è la sua. La morte del giovane ex campione ha scioccato molti suoi coetanei in Tunisia, anche tra coloro che non lo avevano mai visto giocare. Ed i commenti in rete si dividono tra chi dice che ha pagato per una scelta personale e chi, cinicamente, commenta: uno di meno. (ANSAmed).

Leggi l'articolo completo su ANSA.it