(di Stefano Polli)
(ANSAmed) - ROMA, 11 SET - L'America torna in Medio Oriente.
Dopo lunghi anni di disimpegno e di allontanamento da uno
scacchiere che era stato strategico per decenni, Joe Biden ha,
adesso, di nuovo messo questo angolo di mondo tra le priorità
della sua strategia anti cinese.
Il vertice del G20 di New Delhi ha plasticamente messo in
evidenza e confermato questa tendenza della politica estera di
Washington. Sono due i punti da sottolineare. Il primo è il
progetto di un nuovo collegamento navale e ferroviario tra
l'India e il Medio Oriente, fino alle sponde del Mediterraneo.
Il secondo è la pressante richiesta americana al Fondo monetario
internazionale (Fmi) e alla Banca mondiale per nuovi impegni
finanziari verso l'Africa per contrastare la politica cinese con
cui Pechino - attraverso prestiti apparentemente molto
favorevoli - sta progressivamente allargando la sua influenza
politica ed economica in Africa e nel Mediterraneo.
Biden ha deciso di intervenire dopo le mosse di Pechino e
Mosca verso l'Arabia Saudita. Riad è divenuta un punto di
riferimento imprescindibile per i nuovi equilibri geopolitici
mediorientali. Pechino ha facilitato la ripresa del dialogo tra
i sauditi e Teheran con una mossa i cui risultati concreti sono
in realtà ancora tutti da valutare, ma che sicuramente ha creato
forti apprensioni negli Usa e in Israele. La Russia ha invece
promosso un avvicinamento tra l'Arabia Saudita e la Siria.
I rapporti tra Biden e il principe Mohammed bin Salman non
sono dei migliori dopo le esplicite accuse del presidente
americano per l'assassinio del giornalista Jamal Khashoggi nel
consolato saudita di Istanbul. Ma gli interessi comuni in questo
momento stanno prevalendo e l'errore tattico del presidente
cinese Xi - che non si è presentato al G20 indiano - sta
favorendo un riavvicinamento concreto tra Washington e Riad,
complice anche l'India di Narendra Modi.
Il progetto di un nuovo corridoio commerciale che parte
dall'India per arrivare fino all'Europa potrebbe avere tre
conseguenze dirette fondamentali per gli Usa: togliere l'India
dal fronte anti occidentale che Pechino vorrebbe costruire
intorno al 'Grande Sud', creare un'alternativa commerciale
concreta alla 'Via della Seta', coinvolgere l'Arabia Saudita in
un progetto che inevitabilmente creerebbe un nuovo dialogo con
Israele (sulla strada degli accordi di Abramo) allontanando così
Riad dalle sirene cinesi e iraniane.
Quest'ultimo è il punto centrale per Washington per arginare
e controbattere alle mire di Pechino in un Medio Oriente che sta
diventando centrale nella nuova sfida strategica tra Usa e Cina
e che vede altri fronti in Asia, Africa e Ucraina.
Ma la strategia americana va sul lungo periodo e vuole
rompere l'abbraccio tra Pechino e molti Paesi africani e
mediterranei. Fmi e Banca Mondiale dovranno, nell'ottica di
Washington, concedere prestiti a condizioni più favorevoli di
quelle di Pechino e, naturalmente, senza quei condizionamenti
legali che, di fatto, rendono molti Paesi dell'area vassalli
della Cina.
Il ritorno in forze degli Usa nel Medio Oriente è una della
tante conseguenze della guerra in Ucraina e degli sconvolgimenti
geopolitici, della costruzione di nuove alleanze per un nuovo
ordine mondiale che si sta disegnando progressivamente in questi
anni. Il 'ritiro' Usa dalla regione andava avanti da molti anni
ed era stato portato avanti da diversi presidenti semplicemente
perché gli Usa non avevano più bisogno del petrolio dei Paesi
del Golfo essendo diventati produttori di energia, grazie alle
nuove tecnologie di estrazione.
Adesso il 'pericolo' del rafforzamento dell'influenza di
Pechino (e di Mosca) in questa zona del mondo ha portato Biden a
una netta inversione di marcia. E alla costruzione di una
politica estera americana completamente diversa di fronte alle
grandi sfide di questi anni che stanno velocemente cambiando il
mondo sotto i nostri occhi. (ANSAmed).
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Il ritorno dell'America in Medio Oriente dopo 10 anni
La strategia di Biden in chiave anti-Pechino