(ANSAmed) - TUNISI, 6 SET - Una ricerca condotta da tre
università tunisina, italiana e francese sulle conseguenze
dell'esternalizzazione delle frontiere Ue in Tunisia mette in
discussione lo status di 'Paese sicuro' della Tunisia, che
"impedisce a circa 9.000 rifugiati e richiedenti asilo di
lasciare il Paese". Lo studio "Aspettando a metà strada:
l'illegalizzazione del movimento in Tunisia, Paese sicuro",
frutto del lavoro di Riccardo Biggi, Valentina Lomaglio e Luca
Ramello reso possibile dall'Università di Sousse, dalla Ca'
Foscari di Venezia e dalla Paul Valery di Montpellier, è
disponibile in inglese sul sito dell'Ong Forum tunisino per i
diritti economico sociali (FTDES).
"Queste persone, bloccate in Tunisia in condizioni di vita
molto difficili, sono vittime di importanti privazioni dei
diritti umani", afferma la ricerca, che cerca quindi di
rispondere alla domanda: "può la Tunisia essere considerata un
Paese sicuro?", attraverso l'analisi delle testimonianze e
rivendicazioni dei circa 300 richiedenti asilo e rifugiati
principalmente provenienti dall'Africa subsahariana, che da
febbraio a luglio 2022 hanno protestato davanti alla sede di
Tunisi dell'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).
Questi, dopo aver iniziato la loro protesta nella cittá
meridionale di Zarzis, hanno raggiunto poi Tunisi e hanno
attuato un sit-in davanti alla sede dell'UNHCR chiedendo di
essere evacuati dalla Tunisia e ricollocati in Paesi terzi
sicuri. I manifestanti hanno protestato contro l'organizzazione
dei flussi migratori in Tunisia, specialmente contro la gestione
dell'agenzia ONU, che secondo loro "nega la loro libertà di
movimento e contribuisce alla loro marginalizzazione socio
economica", sottolinea la ricerca.
Lo studio realizzato dalle tre università mette in luce il
carattere politico di alcuni istituti apparentemente neutrali
del diritto internazionale: da una parte le categorizzazioni di
"migranti economici", "rifugiati", "vulnerabilità", "paese
sicuro"; dall'altro le legislazioni in materia di accesso ai
visti e fruibilità dei passaporti. Questi, sostiene la ricerca,
sono strumentali alla difesa delle frontiere degli Stati
europei, con conseguenze gravissime per le persone che
desiderano raggiungerli. In tal senso il sistema dei visti e
delle frontiere europee insieme alla governance internazionale
delle migrazioni è descritto come un sistema fondato sul
razzismo istituzionale, nonché mosso da logiche di sfruttamento
delle persone il cui movimento viene illegalizzato per scopi
politici.
"A differenza di quanto dichiarato da UNHCR - scrivono gli
autori -, la decisione di offrire nuovi dormitori e ripristinare
l'assistenza ha semplicemente rimandato la ricerca di una
soluzione duratura alla condizione dei manifestanti, mentre
continua ad essere irrealistico per la quasi totalità di essi
poter lasciare la Tunisia per un Paese sicuro". Concludendo, lo
studio osserva come 'l'illegalizzazione dell'emigrazione dalla
Tunisia - complici il governo tunisino, UNHCR e l'Ue - non
riduca la motivazione a raggiungere l'altra sponda del
Mediterraneo nelle maniere più pericolose, ovvero le uniche
realisticamente possibili, anche al prezzo di far ritorno nel
cosiddetto "inferno libico".(ANSAmed). (ANSA).
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Migranti: studio contesta status 'Paese sicuro' Tunisia
'Persone bloccate nel Paese vittime privazioni di diritti umani'