(ANSAMed) - BEIRUT, 29 MAR - (di Lorenzo Trombetta)
(ANSAmed) - BEIRUT, 29 MAR - Nel Libano governato da decenni
da un sistema politico sempre più contestato da ampi settori
della popolazione all'ombra della peggiore crisi economica degli
ultimi decenni, la somministrazione dei vaccini anti-covid
rischia di diventare - come l'acqua, l'elettricità, le scuole,
gli ospedali - uno strumento di gestione clientelare del potere.
Nel paese alle prese con una galoppante svalutazione della
lira locale, con una crescente tensione socio-economica e dove
più della metà della popolazione vive sotto la soglia di
povertà, una serie di iniziative sono state promosse da ambienti
del settore privato e da clan politici per assicurare vaccini
russi e cinesi a membri delle rispettive basi di consenso in
varie regioni libanesi.
Un meccanismo che coinvolge il ministero della sanità, i
consigli regionali e alcuni comuni, e che - secondo analisti
locali - contribuirà ad approfondire il fossato tra una
ristretta cerchia di privilegiati, che riceveranno prima di
altri i vaccini proprio in virtù del loro accesso al sistema di
clientele; e una massa di persone, tra cui più di un milione di
profughi siriani, che dovranno invece attendere a lungo prima di
ricevere le agognate dosi del siero anti-covid.
In Libano andranno vaccinati circa sei milioni di persone. La
campagna è iniziata a metà febbraio ma prosegue a rilento:
finora sono state somministrate poco più di 100mila dosi. Il
paese, formalmente in default finanziario dall'anno scorso, non
ha risorse per pagare i vaccini: una parte, pagati dalla Banca
Mondiale, arrivano da Pfizer-BioNTech; un'altra parte, tramite
la piattaforma Covax dell'Onu, arrivano da AstraZeneca.
Ma l'opinione pubblica non ha dimenticato lo scandalo che
solo alcune settimane fa aveva coinvolto alcuni deputati, lo
stesso presidente della Repubblica Michel Aoun e il suo
entourage, vaccinati in gran segreto all'insaputa delle autorità
locali e fuori dai protocolli concordati tra Beirut e le
autorità internazionali.
In questo contesto sono arrivate venerdì a Beirut le prime
50mila dosi del vaccino russo Sputnik V destinato a una serie di
aziende private - tra cui la compagnia aerea di bandiera Middle
East Airlines - tramite la costosa intermediazione della società
farmaceutica libanese Pharmaline. A capo di Pharmaline c'è
Jacques Sarraf, console onorario russo in Libano e membro del
Consiglio imprenditoriale russo-libanese.
Le aziende che acquistano lo Sputnik V da Pharmaline
potranno così vaccinare i loro dipendenti e i loro familiari. Ma
ci sono anche le istituzioni locali coinvolte in questo
meccanismo: il comune di Byblos, a nord di Beirut, ha annunciato
nei giorni scorsi di poter avviare a breve la vaccinazione a una
serie di categorie di residenti proprio tramite il vaccino russo
acquistato da Pharmaline.
In un contesto in cui le autorità locali libanesi lamentano
una cronica assenza di fondi dal governo centrale, in molti si
chiedono chi abbia pagato Pharmaline per fornire al comune di
Byblos le dosi di vaccino.
Il comune di Qubayyat, nella regione settentrionale di
Akkar, nel nord del paese, ha invece annunciato di poter
vaccinare una parte di residenti grazie a dosi del vaccino
cinese acquistato "grazie a una donazione" della famiglia
dell'attuale premier incaricato Saad Hariri, interessata a non
perdere consenso popolare in quella regione.
Analogamente, nel comune di Jezzine, nel sud del paese,
fonti locali ben informate hanno riferito ad ANSAmed che è
invece in atto una competizione tra due esponenti del notabilato
locale, appartenenti a due correnti politiche rivali, per
assicurarsi il merito di aver garantito a una parte di residenti
le loro dosi di vaccino russo. (ANSAMed).
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Covid: Libano, vaccini come strumento di potere clientelare
Così leader politici continuano a comprare il consenso popolare