(ANSAmed) - IL CAIRO, 5 MAR - Le proteste in Algeria contro
la quinta candidatura di Abdelaziz Bouteflika hanno prodotto
alcune ammissioni da parte dello stesso presidente uscente e
confermato una circostanza: il Paese maghrebino cambia solo
quando c'è una crisi. Le due notazioni sono contenute in
un'analisi pubblicata dal sito del think tank "European council
on foreign relations" (Ecfr).
Il quadro sono le manifestazioni di piazza iniziate il 22
febbraio, ripetutesi due giorni dopo e poi il primo e 3 marzo
contro l'annunciata ricandidatura di Bouteflika alle
presidenziali del 18 aprile nonostante l'82enne capo di Stato in
carica dal 1999 sia infermo e parli a stento a causa di un ictus
che lo colpì nel 2013.
Nella lettera "attribuita a Bouteflika" e pubblicata
domenica, sintetizza l'autore dell'analisi, Andrew Lebovich, si
"riconosce che le richieste dei contestatori sono valide", che
"l'esclusione sociale ed economica (inclusa quella legata alla
corruzione) é un grande problema in particolare per i giovani" e
che l'attuale sistema algerino (noto come "le pouvoir", "il
potere") "non può rispondere adeguatamente a queste sfide".
Il preannuncio di ulteriori elezioni presidenziali dopo la
tenuta di una conferenza nazionale indetta per delineare riforme
politiche, istituzionali, sociali ed economiche vuol dire "che
il tempo di Bouteflika come presidente finirà presto", desume
l'analista.
In questo ambito Lebovich ricorda che l'ex-banchiere centrale
Abderrahmane Hadj Nacer, nel suo libro "La Martingale
Algérienne", nota che l'Algeria si impegnata in vere riforme
politiche, sociali ed economiche solo in tempi di crisi. E "tale
crisi é ora visibile a tutti", aggiunge l'analista.
"Molti giovani algerini si sentono soffocati da costrizioni
sociali, carenza di opportunità economiche e una classe politica
che non corrisponde ai loro bisogni", scrive Lebovich.
"Le proteste non hanno un chiaro organizzatore",
"l'opposizione resta gravemente frammentata" e "non c'é un
chiaro successore di Bouteflika", ricorda l'analisi notando però
come sia palese che "i manifestanti non vogliono cedere" e che
"gli algerini non possono essere scoraggiati dagli appelli del
governo alla stabilità e da riferimenti alla brutale guerra
civile algerina degli anni Novanta o al conflitto in Siria".
Le manifestazioni peraltro hanno già prodotto dimissioni fra
componenti del Fronte di liberazione nazionale, il partito di
governo, e del "Forum des Chefs d'Entreprise", un'organizzazione
imprenditoriale guidata da uno stretto alleato del presidente,
segnala Lebovich.
Nell'analisi fra l'altro si sostiene che il richiamo alla
primavera araba del 2011 "é riduttiva e non tiene conto di
fattori specificamente algerini" come il fatto che "la struttura
di potere dell'Algeria si estende al di fuori il cerchio interno
della leadership" e che "rimane importante" il "fervore
rivoluzionario e l'attivismo pro-democrazia" che portò alla
creazione di un sistema multipartitico nel 1988. (ANSAmed).
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Algeria: Bouteflika,spiragli di fronte alla crisi dei cortei
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