(di Mattia Bernardo Bagnoli)
(ANSAmed) - MOSCA, 21 FEB - I nodi in Siria, anziché
sciogliersi si stanno ingarbugliando. E la Russia, che sinora ha
interpretato con successo e spregiudicatezza il ruolo di
play-maker, sta vivendo un momento d'impasse, stretta com'è tra
Bashar al-Assad (e il suo azionista di maggioranza, sciita come
lui, l'Iran) e la Turchia sunnita di Recep Tayyip Erdogan. La
crisi di Afrin non è altro che un plastico esempio di quanto la
strategia d'uscita dal ginepraio siriano non stia andando per il
verso sperato da Vladimir Putin. Che ora è impegnato nella
volata elettorale in vista del voto del 18 marzo.
Intendiamoci, la rielezione di Putin è una formalità. Però,
dopo aver annunciato pochi mesi fa "missione compiuta", e dopo
aver dato corso al (secondo) ritiro del contingente russo dalle
basi siriane - salvo lo stretto indispensabile per disbrigare
gli 'affari correnti' -, l'ultima cosa di cui ha bisogno è dover
rimangiarsi la parola. I sondaggi infatti dicono che ormai solo
un terzo dei russi sostiene l'avventura siriana.
Ma la pace sfugge e i siriani continuano a morire. Erdogan,
nella telefonata con lo 'zar' di lunedì scorso, ha detto chiaro
che ad Afrin è determinato ad andare sino in fondo pur di
neutralizzare il "pericolo curdo", la sua ossessione di sempre.
Mosca, stando a fonti citate dal quotidiano Nezavisimaia Gazeta,
non ha dunque autorizzato la sortita dei governativi, finiti
poi, pare, sotto il fuoco dei turchi - tant'è vero che gli aerei
russi non si sono mossi dalla base di Khmeimim.
Non è dunque un caso che l'ambasciatore siriano in Russia,
Riyad Haddad, abbia dichiarato "di non avere informazioni"
per confermare che le forze siriane siano effettivamente entrate
ad Afrin.
Mosca esorta pubblicamente "tutti gli attori esterni"
ad arrendersi alla necessità di dialogare con Damasco per
risolvere i problemi sul campo e "rispettare la sovranità della
Siria". Ma, allo stesso tempo, ha chiesto ai vertici siriani di
esercitare questa sovranità aprendo a loro volta un canale con i
curdi. Che, fino a prova contraria, sono (o dovrebbero essere)
in primo luogo siriani. A complicare gli assetti c'è il dossier
Turkish Stream: il gasdotto, in costruzione, è un progetto
prioritario per il Cremlino e diversi osservatori evidenziano
come Erdogan ne sia perfettamente consapevole.
"La Russia - confida un'alta fonte diplomatica europea
all'ANSA - è ormai la potenza egemone in Medio Oriente: resta da
capire se e come sarà in grado di esercitare questo potere".
L'attivismo diplomatico è innegabile. Ma gli incidenti si
moltiplicano: dalla sortita israeliana, con jet abbattuto,
all'imbarazzo per i mercenari russi sorpresi a est dell'Eufrate
e spazzati via dalle bombe Usa (il numero dei morti non è ancora
chiaro). Mosca abbozza e punta al vertice di Istanbul, previsto
in aprile, per un nuovo round negoziale con Iran e Ankara. Ma il
rischio per Putin è che il suo 'cronoprogramma' venga
stravolto da un pericolosissimo 'domino' di incidenti.
(ANSAmed).
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L'impasse russo in Siria, Putin stretto fra Erdogan e Assad
Pesano elezioni e Turkish Stream. Obiettivo è summit di Istanbul