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Gelo dell'Italia su Erdogan, scontri in piazza dei curdi

Colloqui "franchi" con Mattarella e Gentiloni su diritti e Ue

Redazione Ansa

ROMA - I nodi principali non sono stati sciolti. E del resto nessuno se l'aspettava. Il passaggio del "Sultano" a Roma lunedì 5 febbraio è stata piuttosto l'occasione per Italia e Turchia per ribadire le proprie posizioni. E le distanze su temi cruciali come i diritti umani, l'Europa, la Siria, il terrorismo. Ma la visita di Erdogan per la verità ha lasciato dietro di sé anche polemiche politiche particolarmente accese in campagna elettorale e scontri di piazza, in una città blindata all'estremo.

Il presidente turco ha incontrato il Papa, il capo dello stato Sergio Mattarella (in un faccia a faccia di oltre mezz'ora) e il premier Paolo Gentiloni, mentre da Bruxelles arrivava un chiaro messaggio di chiusura nei confronti Ankara. E l'Olanda annunciava il ritiro dell'ambasciatore in Turchia. Il sultano del resto, a quanto si è appreso, in tutti i suoi colloqui non ha arretrato di un millimetro sulla situazione interna del suo Paese e sull'intervento nel nord della Siria contro i curdi, che restano per Erdogan senza mezzi termini 'terroristi'. Ma lo stesso hanno fatto i suoi interlocutori. Con Mattarella il lungo colloquio "franco e rispettoso" ha rivelato nel linguaggio diplomatico la freddezza nelle diverse posizioni.

In linea con l'Europa la posizione italiana, ribadita anche da Gentiloni in un lungo faccia a faccia. Il capo dello Stato e il premier, in piena sintonia, secondo quanto si è appreso, hanno affrontato in modo 'franco' temi chiave come le relazioni tra Ue e Turchia, la questione siriana, il tema migratorio e la situazione in Libia, la lotta al terrorismo e la situazione dei diritti civili, anche in relazione - spiegano fonti di governo - al lavoro dei giornalisti e alle attività delle Ong. Senza nascondere le profonde divergenze tra i due Paesi. E non è certo un caso che si sia evitato qualsiasi contatto con la stampa. L'unico, flebile, segnale giunto da Erdogan è stato il rilascio, proprio nel giorno della sua visita, dei medici che arrestati nei giorni immediatamente precedenti nell'indignazione della comunità internazionale. Indubbiamente troppo poco e forse, chissà, solo una coincidenza.

Restano i rapporti bilaterali. La Turchia è un Paeseimportante sul piano dei rapporti economici, come dimostra la cena con gli imprenditori che ha chiuso la giornata romana di Erdogan, e rimane l'interesse dell'Italia a mantenere un dialogo. Non a caso uno dei temi affrontati con Gentiloni è stato proprio quello dei rapporti economici. E anche Ankara ha tutto l'interesse a continuare ad avere canali aperti verso l'Europa. Uno dei pochi temi non divisivi è stato al centro dell'incontro con Francesco. Un colloquio di quasi un'ora in Vaticano, che ha avuto al centro lo status di Gerusalemme, dopo la fuga in avanti in solitaria di Trump. E poi gli altri temi, dalla situazione nel Paese, all'accoglienza dei profughi, alla Siria. Ma il messaggio più eloquente, alla fine di un colloquio definito "estremamente amichevole" dall'entourage di Erdogan, è stato il regalo del Papa: un medaglione che rappresenta l'angelo della pace che strangola il demone della guerra.

Sullo sfondo la campagna elettorale, con il leader della Lega, Matteo Salvini, che ha definito una vergogna il fatto che "l'Italia ospiti il rappresentante di un regime estremista sanguinario, di un Paese islamico nei fatti, dove la religione comanda sulla legge". Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana ha definito la visita "una pagina triste da evitare", mentre per Fabio Massimo Castaldo del M5S, è inaccettabile "stendere tappeti rossi a chi calpesta quotidianamente i diritti civili e politici dei propri concittadini".

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