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Tunisia: proteste, governo cerca via per evitare escalation

Disagio sociale ed economico agita anche mondo politico

Redazione Ansa

(di Paolo Paluzzi) (ANSAmed) - TUNISI, 11 GEN - Dopo i disordini di questi ultimi giorni sono in molti in Tunisia a chiedersi cosa possa fare un governo di unità nazionale, con un pesante passivo ereditato da quelli precedenti, di fronte ad una situazione sempre più preoccupante sul piano economico-sociale per cercare di evitare un'ulteriore peggioramento dello stato di cose. E' del tutto evidente che, nonostante le manifestazioni non abbiano piu' alcunché di pacifico, esse esprimano comunque un malessere sociale e che solo la ricerca del dialogo con le parti sociali potrà in qualche modo salvare la compagine guidata dal premier Youssef Chahed. Questi movimenti popolari nascono infatti sullo sfondo di contestazioni per gli aumenti di beni e servizi, come conseguenza dell'entrata in vigore della finanziaria 2018. Una serie di misure rigide tuttavia necessarie per cercare di ridurre il debito pubblico al 70% sul Pil, ed evitare un ulteriore ricorso all'indebitamento verso l'estero. Lo stesso Chahed ha riconosciuto come severa la legge finanziaria approvata ma "necessaria per frenare l'indebitamento e contenere il deficit in proporzioni ragionevoli", promettendo "che sarà l'ultima e che ci sono cifre positive che fanno intravedere un futuro migliore". Anche il presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi, ha detto che "il bilancio 2018 contiene misure dolorose ma che non c'è altra soluzione per il governo". Le opposizioni, non convinte da queste misure draconiane, dopo aver perso la loro battaglia in parlamento, chiedono alla gente di scendere in piazza per chiedere il ritiro del provvedimento. In particolare il Fronte popolare, raggruppamento di sinistra, contro il quale il premier Chahed si è scagliato ieri accusandolo di essere dietro alle proteste, "sostiene i movimenti di protesta contro la finanziaria" e "considera che il governo tenda a "impoverire il popolo e l'economia nazionale". Il leader del Fp, Hamma Hammami, si appella alla formazione di un "largo fronte civile, poitico e sociale per mettere fine a queste politiche di impoverimento e abrograre la finanziaria".

Lo stesso discorso viene rilanciato dal movimento apartitico popolare Fech Nestanew (Cosa stiamo aspettando) che si mobilità sui social network per chiedere il rigetto della legge e uno stop al carovita. Alcuni deputati indipendenti hanno addirittura legittimato le proteste violente di queste notti. Per questo motivo i commentatori politici si domandano se le campagne di questi giorni contro la finanziaria non nascondano l'intento nemmeno troppo velato di far cadere il governo o pressioni per costringere ad arrivare ad elezioni anticipate. Senza dimenticare che le accuse di violenza alle forze dell'ordine lanciate da alcuni partiti in riferimento ai recenti scontri potrebbero causare un effetto dirompente visto che è proprio la polizia, a dover combattere l'odioso fenomeno del terrorismo jihadista, spesso essendone i suoi agenti le prime vittime. Questi movimenti di protesta mettono dunque sotto pressione un governo che ha pochi margini di manovra in ragione della effettiva scarsità di soluzioni. In molti ora chiedono una risposta corale - basata su un dialogo nazionale - ai problemi concreti del popolo, proposta evocata dai partiti principali, il progressista Nidaa Tounes e l'islamico Ennhadha. (ANSAmed) Leggi l'articolo completo su ANSA.it