(di Luciana Borsatti)
(ANSAmed) - ROMA, 30 OTT - E' quella dell'Arabia Saudita,
guidata dalla sua nuova leadership, "la più pericolosa e
destabilizzante influenza oggi in Medio Oriente". Ne è convinto
Gary Sick, docente alla Columbia University e analista politico
sul Medio Oriente, in questi giorni in visita in Italia.
Secondo il quale la nuova amministrazione Usa - la cui prima
trasferta all'estero è stata proprio a Riad - "non ha alcuna
particolare strategia" per il Medio Oriente. Mentre Trump finora
ha agito con una combinazione di un "personale istinto
viscerale, un tentativo di mantenere le promesse della sua
campagna elettorale e consapevoli sforzi di disfare qualunque
cosa dell'eredità" del suo predecessore, Barack Obama.
Nel conflitto con i ribelli Houthi in Yemen per esempio, dice
Sick che ha tenuto in questi giorni una conferenza alla Stampa
estera di Roma, Trump "ha abbracciato" la causa saudita "con
molto più entusiasmo e carenza di spirito critico" di Obama,
mentre la coalizione militare guidata da Riad si trova in uno
stallo, con migliaia di vittime civili e una vasta epidemia di
colera.
Anche l'adesione all'offensiva di Riad contro Doha - ultima
tappa di una 'disputa dinastica' di lunga data, che ora spacca
su due fronti i Paesi del Golfo - rischia di danneggiare gli
interessi Usa, che "hanno sempre cercato di incoraggiare il
Consiglio di Cooperazione del Golfo ad agire come una sola
entità".
L'isolamento imposto al Qatar dai sauditi insieme agli
Emirati Arabi Uniti e al Bahrein ha indotto del resto il ricco
emirato a rafforzare le sue capacità di resistere ad oltranza,
grazie alle sue ampie risorse e all'aiuto giunto dall'Iran.
Ma per l'analista politico il confronto tra l'Iran e l'Arabia
Saudita non riflette una divisione religiosa tra sunniti e
sciiti quanto una rivalità per il controllo della regione. Dove
invece i conflitti più sanguinosi sono quelli tra diverse
componenti dello stesso mondo sunnita - dove per esempio l'Isis,
pur nemico dei musulmani sciiti, lo è anche della dinastia
wahabita saudita, in quanto non abbastanza radicale.
Ma è in particolare in Siria che gli Usa si allineano con i
'perdenti' di quel conflitto, ossia i sostenitori nel Golfo
della disomogenee opposizioni del presidente Bashar Al Assad e
quanti avevano scommesso sulla sua caduta in breve tempo.
Gli esperti che invece lo escludevano avevano ragione,
osserva, "anche se nessuno aveva previsto l'importante
contributo militre giunto da Iran, Hezbollah e alla fine Russia.
Ora possiamo dire con qualche certezza che Assad ha vinto, anche
se la guerra civile dovesse continuare ancora per anni". E con
lui la Russia e l'Iran, mentre i curdi, che hanno dimostrato la
propria forza militare, hanno trovato solo in Israele un
sostenitore del recente referendum per l'indipendenza del
Kurdistan iracheno.
Certo, chi ha perso di più è stato finora l'Isis, ma anche su
questo Washington secondo Sick, "non ha una strategia per il
futuro".
Quanto all'Iran, il suo rafforzamento come potenza regionale
in questi anni è stato anche il frutto degli interventi militari
degli Usa in Afghanistan e in Iraq - ricorda ancora l'analista.
Senza Teheran, aggiunge, "l'Isis sarebbe giunto fino a Baghdad".
Eppure l'offensiva politica di Trump contro l'Iran dimentica
come, di fronte a questo gruppo terroristico, Washington e
Teheran siano alleati. Ed il suo aver passato la palla al
Congresso, nella ricerca di una strada per azzerare l'accordo
del 2015 sul nucleare, comporta il rischio che la decisione
torni al lui, nel caso opti per nuove sanzioni oppure lasci al
presidente la scelta del ritiro unilaterale dall'accordo. Cosa
che aprirebbe una crisi fra gli Usa e loro importanti alleati
internazionali.
Ma un ritiro unilaterale, sottolinea, darebbe soprattutto
"l'innesco ad una serie di dinamiche con effetti sulla sicurezza
del Medio Oriente e del resto del mondo per i prossimi decenni".
Scenari "preoccupanti" dunque, anche se da chi sta al governo
non ci si dovrebbe aspettare, conclude, né "sconsideratezza" né
"incoscienza". (ANSAmed).
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Sick, da Riad influenza più destabilizzante in Medio Oriente
Analista Usa, se Trump affossa accordo Iran rischi per decenni