(di Lorenzo Trombetta)
(ANSAmed) - BEIRUT - La caduta di Raqqa, ex
roccaforte dello 'Stato islamico' nel nord della Siria, ora in
mano alle forze curde sostenute dagli Stati Uniti, non significa
necessariamente la fine degli attentati terroristici attribuiti
all'Isis, ne' la fine dell'insurrezione jihadista in Iraq e
Siria. E' la sintesi dell'analisi di Massimiliano Trentin,
ricercatore dell'universita' di Bologna e curatore del recente
volume "L'ultimo califfato" (Il Mulino, 2017) dedicato proprio
al fenomeno dell'Isis nella regione.
Secondo Trentin, raggiunto telefonicamente dall'ANSA, "la
centrale politica dell'Isis non era solo a Raqqa, ma si trovava
- e forse ancora si trova in parte - in uno spazio compreso tra
la Siria e l'Iraq. La centrale politica puo' essere anche
caduta,
ma gli attentati potranno continuare perche' i gruppi sono tanti
e le loro motivazioni rimangono".
Analogamente, con la caduta di Raqqa "l'organizzazione dello
Stato islamico puo' aver perso la battaglia militare ma non ha
perso quella delle idee, ne' tantomeno quella politica". L'Isis,
prosegue Trentin, ha ancora la capacita' di presentarsi come
alternativa. "Oggi e' comunque difficile dire se lo Stato
islamico scomparira'. E' probabile che in futuro prenda altre
forme", aggiunge Trentin.
Lo studioso italiano riconosce che la caduta di Raqqa "e' una
perdita importante. Come lo e' stata la caduta di Mosul", nel
nord dell'Iraq, avvenuta nel febbraio scorso. "La notizia
odierna era attesa da tempo", afferma. Da quando era iniziata
nel novembre 2016 l'offensiva curdo-americana su Raqqa, "i
rapporti di forza erano chiaramente a favore delle forze curde".
Certamente, prosegue Trentin, "l'Isis ha perso gran parte della
sua capacita' di farsi carico del governo di un territorio e
della sua popolazione, e della gestione delle risorse
dell'area".
Sulle prospettive future per i miliziani siriani e iracheni
dell'Isis, il ricercatore dell'universita' bolognese afferma che
"l'organizzazione potra' riprendere le armi in forme diverse
potra' rialzare la testa, ma solo se non ci sara'
nessun'autorita'
centrale e locale che avra' risorse sufficienti per ripristinare
delle forme di governo nelle zone rurali", tra Siria e Iraq.
"Non bisogna dimenticare - afferma Trentin - che l'avanzamento
dell'Isis in Siria tra il 2013 e il 2014 e' avvenuto non solo
tramite l'esercizio della violenza ma anche grazie alla
costruzione di alleanze con gruppi di potere locali". Per
questo, afferma il ricercatore, i miliziani dell'Isis "potranno
trovare nel territorio appoggi e sostegno: potranno cambiare
veste, essere cooptati dagli attori militari che prenderanno il
posto dell'Isis nell'area".
A livello regionale e' importante sottolineare come la
dissolvenza dello Stato islamico, non solo dal punto di vista
territoriale ma anche mediatico, fa riemergere le divisioni
politiche preesistenti alla nascita del fenomeno Isis. Come
accade in Iraq in queste ore, afferma Trentin riferendosi alla
crisi di Kirkuk. Si definiscono delle alleanze secondo
convergenze di interessi di lunga durata, come avviene tra Iran
e Turchia. Mentre si riaccendono conflitti, come avviene tra
Stati Uniti e Iran, "con i primi che cercano di contenere
l'espansionismo dei secondi nella regione".(ANSAmed).
Z10
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Analista, 'Caduta di Raqqa non e' la fine del jihadismo'
Trentin: 'Duro colpo all'Isis, ma gli attentati continueranno'