(di Francesco Cerri)
(ANSAmed) - BARCELLONA, 12 SET - Mancano 19 giorni alla resa
dei conti finale fra i due grandi protagonisti della 'guerra di
secessione' catalana, il premier Mariano Rajoy e il presidente
Carles Puigdemont, che in questo finale di fuoco si giocano
tutto, carriera politica e forse libertà.
Lo scontro si fa ogni giorno più duro. La procura oggi ha
ordinato alla polizia spagnola e catalana di sequestrare le urne
del referendum del 1 ottobre, quando e se riuscirà a trovarle,
con schede, programmi, insomma qualsiasi materiale elettorale.
Passata la grande manifestazione indipendentista della Diada,
che ha visto scendere in piazza centinaia di migliaia di
catalani in difesa del referendum, la mano di Madrid si fa più
pesante.
Puigdemont e i suoi ministri sono indagati per avere
convocato il referendum, che Madrid ha dichiarato "illegale".
Rischiano condanne fino a sei anni di carcere. Ma nonostante le
minacce e malgrado il progressivo dispiegamento di tutta la
forza dello stato, che mette in campo polizia, corte
costituzionale, giudici, ipotesi di carcere e sequestri di
patrimonio, Puigdemont e i suoi tengono duro, si dichiarano
disobbedienti alla legge spagnola in nome della nuova
"legittimità catalana". Nello scontro fra Davide e Golia -un
leader Pp ha definito la Spagna una corazzata e la Catalogna uno
zodiac sgonfio - logicamente in termini di rapporto di forze
dovrebbe vincere lo stato spagnolo. Ma la battaglia della crisi
istituzionale più grave della Spagna del dopo-Franco si gioca su
un terreno scivoloso per le due parti. Se le misure repressive
'normali' non piegheranno la resistenza catalana Rajoy può usare
l' 'arma atomica' dell'art.155 della costituzione, sospendere
Puigdemont e l'autonomia catalana, e prendere il controllo della
Catalogna. A rischio però di un sollevamento catalano dalle
conseguenze imprevedibili. D'altra parte, rileva La Vanguardia,
dopo avere ripetuto come un mantra che "il referendum non si
farà" il premier non può permettere il voto. O avverte
l'analista Jordi Juan dovrà dimettersi. Ma se userà una forza
eccesiva rischia di affondare il suo governo minoritario,
perdendo l'appoggio dei nazionalisti baschi del Pnv. E di
perdere la battaglia della democrazia agli occhi del mondo.
Davanti al silenzio dei governi Ue che per forza di cose si
allineano su Madrid, crescono le proteste internazionali come
quella di Julian Assange fondatore di Wikileaks per la
repressione in Catalogna di chi "vuole solo che la gente voti".
Molti non capiscono perchè nella stessa Ue chi fa un referendum
in Scozia diventa premier e in Catalogna rischia il carcere.
Puigdemont, anche perdendo, potrebbe vincere. O riuscirà a fare
votare i catalani. O la repressione di Madrid - per lui il
carcere? - ne farà un martire dell'irredentismo catalano,
lasciando una pericolosa ferita aperta nel paese e una
spaccatura ancora più profondo fra i catalani e il resto della
Spagna.(ANSAmed).
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Guerra Catalogna, Puigdemont e Rajoy si giocano tutto
Procura spagnola ordina sequestro urne referendum 1 ottobre