(ANSAmed) - BELGRADO, 27 APR - Se un Erdogan più forte e
potente è ben visto dalle popolazioni musulmane di Bosnia,
Kosovo, Macedonia, Albania, i cristiani cattolici e ortodossi di
Croazia, Slovenia, Serbia e Bulgaria non sono ugualmente
soddisfatti. E' questa una prima sintesi delle reazioni nei
Balcani all'ulteriore rafforzamento dei poteri del presidente
turco Recep Tayyip Erdogan, uscito vincitore seppur di poco dal
referendum del 16 aprile scorso.
Vittoria che, appunto, ha avuto un'eco non univoca nei
Balcani, i cui Paesi in varia misura sono stati nei secoli
scorsi quasi tutti sotto il giogo dell'Impero ottomano. Quella
balcanica e' una regione estremamente variegata e complessa, un
autentico crogiolo di popoli, culture, razze, religioni, dove
nazionalismi, invidie e spirito di rivincita sono all'ordine del
giorno.
Così in Serbia, dove il dominio ottomano durò quasi cinque
secoli con sanguinose guerre di liberazione, c'è evidente
preoccupazione per la prospettiva di una Turchia sempre meno
laica e sempre più orientata verso un integralismo islamico
considerato lontano dai valori e dai principi dell'Unione
europea, alla quale Belgrado intende aderire con convinzione. I
serbi guardano al tempo stesso con apprensione al progressivo
deterioramento dei rapporti tra Turchia e Ue, che potrebbe
vanificare l'accordo tra Bruxelles e Ankara sui migranti,
aprendo le porte a nuovi massicci flussi di profughi lungo la
rotta balcanica.
E se pure il presidente uscente Tomislav Nikolic ha avuto
pochi giorni fa un colloquio telefonico con Erdogan,
evidentemente più di cortesia per l'imminente conclusione del
mandato presidenziale di Nikolic (a fine maggio, quando gli
subentrerà l'attuale premier Aleksandar Vucic), a Belgrado non
si dimenticano le parole pronunciate da Erdogan nell'ottobre
2013 a Prizren, nel sud del Kosovo, dove, parlando a migliaia di
persone esultanti, disse fra l'altro che il Kosovo e' la sua
seconda patria e che "la Turchia e' il Kosovo e il Kosovo e' la
Turchia". Parole che provocarono una profonda crisi diplomatica
e un gelo politico fra Ankara e Belgrado, che non riconosce
l'indipendenza di Pristina.
Al comizio di Prizren, Erdogan, che era allora premier turco,
era affiancato dai colleghi kosovaro Hashim Thaci (oggi
presidente) e albanese Edi Rama. Sia l'Albania che il Kosovo
(abitato in stragrande maggioranza da popolazione di etnia
albanese) sono a prevalente religione musulmana.
E non è forse un caso che il quotidiano belgradese Vecernje
Novosti abbia di recente indicato proprio in Erdogan
l'ispiratore e il manovratore del piano cosidetto della 'Grande
Albania' - l'unione in un unico stato di tutti i popoli di etnia
albanese che vivono nei vari Paesi balcanici. Ripetute
dichiarazioni in tal senso negli ultimi giorni da parte di
politici albanesi, kosovari e della Valle di Presevo (sud della
Serbia a maggioranza albanese) hanno causato dure reazioni a
Belgrado.
Nonostante la prudenza e i sospetti nei confronti della
dirigenza di Ankara, gli investimenti turchi in Serbia risultano
sette volte superiori a quelli in Bosnia-Erzegovina, dove ad
esultare per la vittoria referendaria di Erdogan è stata la sola
componente islamica della Federazione croato-musulmana (Bh), una
delle due entità di cui si compone il paese dal dopoguerra
(l'altra e' la Republika Srpska, Rs, a maggioranza serba).
Analogamente al Kosovo, la Turchia nella Bosnia musulmana
guarda con piu' interesse agli aspetti religiosi, culturali e
ideologici, finanziando fra l'altro la costruzione di scuole,
moschee e centri di studi islamici. (ANSAmed).
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Balcani in ordine sparso su nuovi poteri 'sultano' Erdogan
Esultano musulmani in Kosovo e Bosnia, preoccupazioni in Serbia