(di Luciana Borsatti)
(ANSAmed) - ROMA, 14 APR - In Siria Donald Trump "sembra
seguire la logica del caos, dividere nemici ed amici, vendere
armamenti e rafforzare la posizione egemonica degli Usa", mentre
gli europei non hanno trovato il coraggio di spiegare
all'alleato americano "che decisioni così importanti andrebbero
per lo meno discusse prima insieme. Anche perché le conseguenze
dei suoi errori, come le ondate di rifugiati, ricadono più su di
loro". Alberto Bradanini, ex ambasciatore d'Italia a Teheran e
Pechino, guarda così alle prove muscolari del nuovo presidente
Usa.
Sulla crisi siriana Washington "più che assumere iniziative
illegittime come il bombardamento di uno Stato sovrano violando
le leggi internazionali e nazionali - osserva Bradanini parlando
con l'ANSA - potrebbe favorire un ampio schieramento contro
l'Isis e lavorare insieme a Mosca per una futura uscita di Assad
con un salvacondotto, per lasciare il posto ad un governo di
coalizione garantito da Russia e Stati Uniti", soluzione che
"salvaguarderebbe l'integrità della Siria".
In Siria è in gioco anche l'Iran, riconosciuto come il
grande rivale di Riad. Ma è davvero così potente?
"L'Iran, direbbe Mao, è una 'tigre di carta', e la sua forza
militare è soprattutto interna", risponde l'ex ambasciatore, a
Teheran dal 2008 al 2013. "Le forze di proiezione militare
esterna sono invece piuttosto scarse: nella graduatoria delle
spese militari dello Stockholm International Peace Research
Institute del 2015 si situa al 22/o posto con poco più di 10
miliardi di dollari, contro gli 87,2 dell'Arabia Saudita, i 16
di Israele, i 22,2 degli Emirati Arabi Uniti". Inoltre le armi,
causa le sanzioni americane, sono "generalmente antiquate", e
gli uomini migliori impegnati "contro l'Isis in Siria e Iraq".
C'è dunque chiedersi, sottolinea, "per quale ragione è stata
accreditata l'immagine di un Iran bellicoso, irrazionale e
pericoloso per la pace in Medio Oriente, quando le ragioni e gli
attori delle guerre degli ultimi due decenni vanno cercati
altrove". E certe posture radicali contro Usa e Israele,
rimarca, non necessariamente comportano "scelte irrazionali".
"La costruzione dell'Iran, che pure viola pesantemente i
diritti umani contro il suo popolo come emblema del nemico -
aggiunge - è però servita agli americani per giustificare altro,
a partire dalla vendita di armamenti" nella regione, "e ad
Israele per non affrontare la questione palestinese".
In questo quadro, come si deve considerare la candidatura a
sorpresa dell'ex presidente Mahmoud Ahmadinejad, noto per le sue
posizioni provocatorie e radicali?
"Il gioco delle candidature è sempre imprevedibile in Iran,
dove il potere è piramidale e accentrato nelle mani della Guida
Suprema - osserva Bradanini, ricordando che oltre alla
resurrezione di Ahmadinejad si registra anche la candidatura di
Ebrahim Raisi, presidente dalla potente Bonyad (Fondazione)
Astan Quds Razavi di Mashad e fidato amico della Guida Suprema.
"Va tenuto presente tuttavia che la dirigenza iraniana ha
interesse a mostrare al mondo che nel Paese esiste una genuina
dialettica politica, seppure nei limiti costituzionali della
Repubblica Islamica. In realtà, la scelta del candidato vincente
viene effettuata dall'alto, e più che di una elezione si tratta
di una selezione, poi corroborata dal voto popolare, talvolta
genuino e talvolta truccato. E' verosimile comunque che la
scelta di Khamenei sia stata già presa, molti reputano a favore
di Rohani, mentre la candidatura di Ahmadinejad servirebbe come
spauracchio per i nemici esterni, ma non avrebbe futuro - anche
alla luce dei forti dissapori con Khamenei durante la sua
presidenza. A meno che non disponga di qualche informazione di
ricatto nei riguardi della Guida. Chiunque sia eletto, comunque,
il potere sarà sempre saldamente nelle mani del Clero radicale e
dei Guardiani della Rivoluzione.
"Quanto al dossier nucleare - prevede infine Bradanini -,
nonostante qualche tentazione contraria Teheran rispetterà alla
lettera l'Accordo de luglio 2015 con i 5+1, per mostrare al
mondo che sono gli Usa a non farlo. Ora le carte sono nelle mani
di Trump, e l'Europa conferma anche qui la sua irrilevanza
politica", con "una cessione di sovranità politica sostanziale".
"L'Accordo nucleare ha tuttavia ancora speranze - conclude -
se è vero che l'Iran avrebbe già acquistato da Boeing il primo
di un pacchetto di 80 aerei passeggeri: un contratto da 17 mld
di dollari per migliaia di posti di lavoro in America, cui
potrebbe aggiungersene un altro da 3 miliardi per 30 B737 MAX".
Insomma, "si può essere businessman senza fare i cowboy".
(ANSAmed)
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In Siria Trump cerca caos ma Europa lo subisce
Ex ambasciatore in Iran, Ahmadinejad candidato solo spauracchio