(ANSAmed) - RABAT, 2 FEB - Aveva sbattuto la porta nel 1984 e
ora che è rientrato nell'Unione africana, il Marocco può dire di
avere vinto la sua battaglia per il Sahara occidentale? Sul
piano simbolico, di sicuro, ma i nodi politici sono ancora tutti
da sciogliere.
"È bello il giorno in cui si rientra a casa, dopo un'assenza
troppo lunga! È bello il giorno in cui si porta il proprio cuore
all'amato focolare! L'Africa è il mio Continente, la mia casa.
Finalmente rientro a casa mia, e vi ritrovo con gioia. Mi siete
mancati tutti", sono state le prime parole del Re Mohammed VI
che dal 2016 ha tessuto la rete diplomatica in vista di questo
momento.
L'ingresso, o per meglio dire il ritorno del Marocco in seno
all'Ua, accolto dal consenso di 39 paesi, su un totale di 54, in
realtà è stato deciso per acclamazione. Di fatto, per il paese
non cambia nulla, non è come aderire all'Unione europea che ha
conseguenze dirette sull'economia o per esempio a livello di
regole tra scambi di merce e passaggi di persone. Ma il discorso
pronunciato dal re marocchino a chiusura del vertice, è stato
giudicato "di portata storica". L'Algeria, terzo incomodo, al
momento tace.
Il nodo centrale di questo ritorno è il rapporto tra Marocco
e Fronte Polisario. Proprio l'ingresso nell'Ua della 'Repubblica
araba saharaoui democratica' (solo parzialmente riconosciuta
dalla comunità internazionale) era stata la ragione dell'uscita
del Marocco,nel 1984. Ai tempi il re era Hassan II, padre
dell'attuale sovrano e l'Ua si chiamava Organizzazione
dell'unione africana. Ora, prima di rientrarvi, Rabat ha cercato
in tutti i modi di far escludere la Rasd dall'Unione.
Più diplomatica invece la risposta di Mohamed Salem Ould
Salek, ministro saharaoui degli esteri che ha dato il "benvenuto
al Marocco, che si siede accanto alla Rasd", incoraggiando
"tutti gli stati africani a collaborare perché i due paesi
regolino i loro conflitti". C'è chi dice che sarà solo questione
di tempo, pronto a scommettere l'orologio prima che si rialzino
i toni. E chi, di contro, si spinge a dire che il rientro
"rappresenta la caduta degli ultimi residui del muro di Berlino
a livello africano, e la fine delle ideologie legate alla guerra
fredda". Non sono state dettate condizioni per riammettere Rabat
all'Ua, di fatto il tema Sahara resta caldo. Il deserto occupa
l'80 per cento del territorio saharaoui che il Marocco considera
come sua provincia. La Rsda di contro gioca la carta
"dell'ultimo territorio colonizzato d'Africa".
Il Marocco però guarda oltre. Dal 2000 con 46 visite nei
paesi africani, la mobilitazione di tutte le risorse economiche,
diplomatiche e religiose, e un migliaio di accordi in vari
settori della cooperazione, l'Africa è al centro delle
attenzioni di questo sovrano. Si parla addirittura di una sorta
di neo-colonialismo. Secondo investitore del continente, tra i
progetti di maggior respiro di Rabat si possono annoverare
quello del Gasdotto Atlantico firmato con la Nigeria, per
trasportare il gas dai paesi produttori verso l'Europa, e ,il
più recente, l'iniziativa 'Tripla A', siglata in occasione della
Conferenza Onu sul clima di Marrakech, per adeguare
l'agricoltura africana ai cambiamenti climatici.
Poi c'è la solidarietà: il Marocco, per esempio, è l'unico paese
rimasto a garantire linee aeree della compagnia di bandiera RAM
a sostegno dei paesi africani colpiti duramente dal virus Ebola.
(ANSAmed)
Leggi l'articolo completo su ANSA.it
Il 'gran rientro' del Marocco in Africa
Resta nodo Sahara, ma Rabat guarda ad economia e diplomazia