(di Stefano Polli)
(ANSAmed) - ROMA, 16 FEB - Come in un macabro gioco dell'oca,
la crisi siriana fa un passo avanti e molti passi indietro. E si
avvicina pericolosamente ad un punto di non ritorno.
La matassa dei mille conflitti che si intrecciano tra Siria e
Iraq è sempre più intricata e complessa e orami nessuno sembra
più in grado di trovarne il bandolo e di orientarsi nella
ricerca di una soluzione politica: si passa da una speranza
flebile per un difficile stop alle ostilità al tragico massacro
tra scuole e ospedali, dalle promesse per il dialogo di pace e
di corridoi umanitari alle minacce di nuovi arrivi e nuovi
partecipanti alla ressa siriana.
La diplomazia sembra impotente di fronte ai mille e diversi
interessi che i tanti attori cercano di perseguire incuranti
delle conseguenze delle loro azioni non soltanto in Medio
Oriente ma anche per gli interi equilibri globali.
Si parla sempre meno dell'Isis che continua a prosperare tra
una battaglia e l'altra, senza che la comunità internazionale
sia in grado di costruire una vera coalizione degna di questo
nome. I bombardamenti russi e siriani si concentrano sui ribelli
al regime di Assad, quelli turchi sui curdi e quelli aerei
americani non sembrano così efficaci e così convinti.
E' evidente però che le bombe non possono essere la
soluzione. Ma è altrettanto vero che i negoziati sono frenati,
se non bloccati in una guerra che, per certi versi, riporta, a
tratti, ai toni dimenticati della guerra fredda.
La guerra per procura tra sciiti e sunniti rischia di
diventare qualcosa di più grosso e più complicato con una
contrapposizione tra Usa e Russia che ogni giorno appare più
evidente.
L'annunciata discesa in campo dell'Arabia Saudita, che ha già
spostato alcuni F-15 nella base turca di Incirlik e che minaccia
l'uso delle truppe di terra, potrebbe rappresentare il terribile
salto di qualità di una guerra che rischia di sfuggire
definitivamente al controllo dei suoi protagonisti e rendere
tragicamente attuali le parole del ministro della difesa
israeliano Moshe Yaalon: "Sappiamo come fare una frittata da un
uovo, ma non come fare un uovo da un frittata".
La frittata è quasi pronta e per la comunità internazionale
questa è l'ultima occasione per ritrovare il bandolo della pace.
E' l'ultima chiamata per raggiungere la pace. Ma tutti
dovrebbero rinunciare a qualcosa: la Russia e la Siria fermare
la loro escalation militare, Barack Obama decidere finalmente di
impegnarsi e riprendersi concretamente quel ruolo che Vladimir
Putin gli ha strappato in questo angolo di mondo, Teheran e Riad
riflettere bene sugli scenari terribili che si aprono in seguito
alla loro "proxy war" senza quartiere. E tutti insieme sedersi
al tavolo della politica e concentrarsi di nuovo nella lotta
all'Isis.
Adesso, senza più rinvii.
E forse, anche l'Europa, se ne è capace, potrebbe realizzare
che questa è la grande occasione per costruire una vera politica
estera e di sicurezza comune. Servirebbe un colpo di reni
all'altezza della storia europea. Quando se non adesso, di
fronte alla minaccia del terrorismo, alla crisi dei migranti e a
un mondo che cambia molto velocemente? Lo può fare l'Europa
di oggi alle prese con i calcoli del rapporto tra Pil e deficit
e con la costruzione di muri e barriere al suo interno?
Purtroppo l'Europa di oggi sembra non avere idee, coraggio e
volontà comune. Sembra lontana dagli ideali che sono alla base
della sua costruzione. E' un'Europa senza memoria. E molto
probabilmente, se continua così, anche senza futuro.
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Siria: ultima chiamata per la pace, senza rinvii
Ma tutti gli attori in campo dovranno rinunciare a qualcosa