Rubriche

Esperto israeliano, Siria, Iraq, Libia non esisteranno più

Fare conti con nuova realtà, Isis destinato a durare e crescere

Redazione Ansa

(di Elisa Pinna) (ANSAmed) - ROMA, 20 OTT - "Non esistono più Stati nazionali come l'Iraq, la Siria o la Libia, né torneranno ad esistere.

Continuare a pensare nei termini delle mappe che ancora sono appese sui nostri muri o dei confini tracciati dall'accordo Sykes-Picot del 1921 è sbagliato. Ormai è saltato tutto". A parlare è il prof. Uzi Rabi, direttore del Moshe Dayan Institute dell'Università di Tel Aviv, uno dei maggiori esperti del Medio Oriente, in queste giorni a Roma per uno scambio accademico con l'Ateneo di Tor Vergata. Rabi ha origini iraniane-irachene, parla perfettamente il farsi e l'arabo, oltre che l'ebraico, l'inglese, e un buon numero di altre lingue. E' un conoscitore profondo della regione, in cui - afferma - ci sono Stati che hanno una propria coesione, come l'Egitto o la Tunisia, ma altri che sono ormai scomparsi e i politici occidentali farebbero bene a prenderne atto. "Se guardo la mappa dell'Iraq, vedo tre entità diverse che, fra l'altro, già preesistevano alla divisione fatta dagli inglesi e dai francesi sullo spoglie dell'Impero Ottomano.

Ovvero la regione sciita, il Kurdistan e la zona sunnita". "Se guardo la Siria, vedo un 'alawitistan', ovvero una zona sotto il controllo degli alawiti di Assad e ora difeso da russi e iraniani, che diventerà probabilmente la piccola Siria, poi un drusistan (terra dei drusi), ai confini con Israele, un Kurdistan e aree cristiane al nord e un'area in mano all'Isis, che si espande anche in Iraq, inglobando Mosul". Il prof. Rabi ritiene che l'Isis sia una realtà destinata a durare e a minacciare il mondo, in quanto non vi è una coalizione unitaria per combattere i fondamentalisti del Califfato. "Ogni Paese confinante ha una propria agenda, altre priorità, anche se l'Isis fa paura a tutti". Così il Califfato, per definizione stessa "antistatale" e "antinazionale", in quanto riconosce solo il valore del Corano in un'interpretazione del settimo secolo e tuttavia diffuso attraverso i social media del XXI secolo, si rafforza e prepara nuove espansioni. "La Giordania è la nazione più a rischio e a difenderla ci sono Stati Uniti, Israele, Arabia Saudita ed Egitto". "Ma anche Israele e palestinesi - ha aggiunto l'accademico - farebbero bene a mettersi d'accordo, perché il pericolo che l'Isis si inghiotta la Cisgiordania è reale".

L'Isis è dunque una realtà invincibile nel medio periodo? "No - risponde il professore - ma ci vorrebbero alcune condizioni che mancano: un piano decennale e molto costoso che veda l'impegno unitario e sincero di tutti gli attori della regione; una guerra economica che "tagli le mani" a chi compra petrolio o altro dall'Isis; una guerra di propaganda che usi sopratutto i social network; l'invio di forze speciali che parlino arabo e siano in grado di ottenere l'appoggio delle tribù sunnite locali; un martellamento costante sull'imminenza di una guerra convenzionale". (ANSAmed).

Leggi l'articolo completo su ANSA.it