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Nobel per la Pace, quali conseguenze per la Tunisia?

Il ritorno della speranza per un paese in cerca di rilancio

Redazione Ansa

(ANSAmed) - TUNISI, 12 OTT - Dal momento della notizia dell'assegnazione del Premio Nobel per la pace al quartetto del dialogo nazionale tunisino, la Tunisia continua ad essere in prima pagina su tutti i media del mondo e i leader internazionali non smettono di elogiare questo piccolo Paese come modello da seguire per tutta l'area. Questa volta infatti non si parla della Tunisia a causa di un attacco terroristico ma per l'attribuzione di uno dei premi piu' prestigiosi al mondo.

Salutato come una giusta ricompensa per un Paese che è riuscito, nonostante tutte le difficoltà incontrate, a realizzare un modello di società democratica ''fondato sulla cittadinanza, la volontà del popolo, e la supremazia del diritto'' (art. 2 della Costituzione), questa ricompensa è anche un omaggio alla perseveranza ed al coraggio del popolo tunisino, che ''di fronte agli omicidi politici e agli attentati terroristici s'è stretto in uno spirito di unità di compromesso e tolleranza'', ha detto il presidente americano Obama. Nato nell'estate del 2013, ''quando il processo di democratizzazione era sul punto di crollare sotto il peso di assassini politici e disordini'', lo strumento del Dialogo Nazionale favorì in effetti una mediazione tra le forze politiche velocizzando i lavori in aula dell'Assemblea costituente, consentendo il varo della Costituzione e la formazione di un governo tecnico nei tempi stabiliti, la conseguente approvazione della legge elettorale e l'indizione delle elezioni politiche e presidenziali a fine 2014 che hanno dato alla Tunisia l'assetto democratico attuale. La sorpresa dei tunisini nel vedersi assegnare questo riconoscimento è stata proporzionale all'importanza del Premio e le reazioni che ne sono seguite hanno infuso speranza e positività nei loro cuori e fatto rinascere la convinzione che il futuro del Paese non potrà che essere migliore. Questa è la chiave di lettura più diffusa in questi giorni in Tunisia, anche da chi, tra i politici locali, boicottò ai tempi il Dialogo nazionale. Il premio rappresenta anche una risposta agli scettici, tunisini e non, che dubitavano delle conquiste acquisite dalla ''rivoluzione dei gelsomini''. Il presidente Essebsi è riuscito nell'impresa di riunire attorno a sé i principali attori della vita politica, sociale ed economica per un accordo tra le parti sociali, ora è il momento di allargare questa iniziativa di successo per creare un movimento che basato, sui principi di funzionamento dello strumento del Dialogo nazionale, sia capace di realizzare una riconciliazione nazionale in tutto il paese. Questo Nobel colloca il paese nordafricano in una nuova orbita, e anche se le ricadute dell'assegnazione dello stesso non sono facilmente e immediatamente quantificabili, potranno essere di certo benefiche se verranno adottate una buona strategia di comunicazione e un'azione diplomatica efficace. I paesi occidentali, soprattutto gli Stati Uniti e l'Europa, che hanno salutato con entusiasmo l'attribuzione di questo Premio Nobel, hanno già apportato il loro sostegno al processo di transizione democratica tunisino, ma occorre che il loro aiuto diventi ancora più concreto e duraturo nel tempo perche' la situazione sociale ed economica del Paese possa migliorare e perché ''questo faro di speranza nella regione'', riprendendo l'espressione del premier inglese Cameron, ''possa proseguire nella sua transizione'', come ha affermato il presidente francese Francois Hollande, ma soprattutto affinche' tutte queste parole non rimangano solo promesse, ma impegnino chi crede fortemente nelle possibilità di successo di questo Paese.

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