(dall'inviato Lorenzo Trombetta)
(ANSAmed) - KUWAIT CITY, 12 GIU - I raid aerei della
coalizione guidata dagli Usa contro lo Stato islamico (Isis) non
sono efficaci. C'è bisogno di un intervento di truppe di terra
dei Paesi del Golfo, dell'Egitto, del Marocco e della Giordania.
A dirlo è Khalaf al Habtur, imprenditore ed editorialista
kuwaitiano, mentre giungono notizie di nuove conquiste dei
jihadisti in Libia e in Medio Oriente.
"Non possiamo esitare. E' in gioco la nostra sopravvivenza.
Siamo stufi di aspettare i miracoli", afferma parlando con
l'ANSA. "Non possiamo più aspettare che gli Stati Uniti e i loro
alleati occidentali si prendano la responsabilità di liberare il
mondo arabo dal cancro del terrorismo". Meno di un anno fa il
Kuwait ha rafforzato i controlli per impedire il finanziamento
dello Stato islamico da parte di enti privati e fondazioni
'caritatevoli' dell'emirato del Golfo, da più parti indicato
come uno degli Stati della regione da cui provengono
trasferimenti di denaro destinati alla causa dello Stato
islamico.
"Le potenze straniere hanno fatto davvero poco finora per
evitare che l'Isis si espandesse e facesse proseliti tra i
giovani del Medio Oriente, Nordafrica e dell'Europa", ha
aggiunto Habtur, che periodicamente interviene con commenti
sulla stampa del Kuwait. "Dobbiamo assumerci direttamente noi la
responsabilità di contrastare l'Isis. Questo legittima la
proliferazione di milizie sciite sostenute dall'Iran". La
Repubblica islamica, tradizionale rivale regionale dell'Arabia
Saudita e degli alleati arabi del Golfo, tra cui il Kuwait, da
mesi è ormai descritta da più parti in Occidente come il
baluardo all'espansione dell'Isis e degli altri gruppi
estremisti sunniti. Una percezione che l'establishment ufficiale
del Kuwait, vicino agli interessi di Riad, contesta apertamente.
Per Habtur, che difende la politica saudita nella regione,
"la soluzione nel breve termine è la creazione di un contingente
di truppe di terra formato dai Paesi del Consiglio di
cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Kuwait, Bahrain, Emirati
Arabi Uniti, Qatar e Oman) e delle monarchie alleate come il
Marocco, l'Egitto e la Giordania".
A questo "andrà affiancata una campagna di bombardamenti
aerei e di artiglieria per sradicare Daesh e le varie milizie
sciite filo-iraniane", ha affermato l'analista indicando l'Isis
col suo acronimo dispregiativo usato in arabo. "Il secondo passo
sarà sigillare i confini con l'Iran per impedire l'avanzamento
delle sue ambizioni egemoniche". Habtur è cosciente che la
risposta militare non può essere l'unica praticabile per
contrastare il progetto jihadista. "E' una questione culturale.
Bisogna per questo riformare i sistemi educativi dei nostri
Paesi per non lasciare che ideologie estremiste facciano il
lavaggio del cervello alle giovani generazioni". Secondo
l'editorialista arabo nelle scuole del mondo arabo "non si è
insegnato abbastanza bene a pensare con la propria testa. E la
propaganda dell'Isis sta avendo la meglio". (ANSAmed).
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Isis: analista Kuwait, raid inefficaci, servono truppe
"Intervento di terra Paesi Golfo per debellare cancro jihadista"