(di Diego Minuti)
(ANSAmed) - ROMA, 29 DIC - La crisi soprattutto economica
che, lentamente quanto inesorabilmente, si sta manifestando in
Algeria non è arrivata all'improvviso sorprendendo tutti, ma è
la diretta conseguenza di quella che Madjid Makedhi, apprezzato
editorialista del quotidiano el Watan, ha definito conseguenza
di ''anni di cattiva gestione ed opulenza ostentata''.
Ovvero, solo chi ha vissuto e goduto, senza riflettere sul
futuro, dell'età dell'oro derivata dalle ricchezze concesse dal
petrolio, è stato colto di sorpresa dall'attuale contingenza in
cui gli algerini subiscono i primi segnali di una crisi che non
è solo economica, ma anche politica (dettata dalle incertezze
sulla condizioni del presidente Bouteflika) e sociale. Basti
solo pensare alle misure che, in termini di legge finanziaria o
di stabilità che dir si voglia, il governo dovrà adottare per
fare fronte ad una fortissima decurtazione dell'ammontare delle
royalties derivate da petrolio e gas naturali, da sempre la base
finanziaria dei progetti soprattutto sociali.
Le stesse dichiarazioni del primo ministro, Abdelmalek
Sellal, sulle strategie decisionali del governo (''Valuteremo la
situazione ogni tre mesi'') se forse tendevano ad avere un
effetto rassicurante per la gente, hanno fatto storcere il naso
a quegli economisti che, da parte loro, vorrebbero decisioni
anche drastiche, ma che diano subito il segno di una decisa
inversione di tendenza da parte dell'Esecutivo.
In tutto il mondo, quando si parla di misure di austerità, si
capisce bene che, al di là delle frasi rassicuranti di chi
governa, a pagarne per primi le conseguenze saranno i cittadini,
chiamati a fare la loro parte se c'è da risparmiare. Un esempio
di tali rassicurazioni viene da quanto dichiarato, al sito di
informazione Tsa, dal ministro del Commercio Amara Benyounès,
secondo il quale non c'è allo studio alcuna misura che si
traduca in un ridimensionamento della politica sociale.
Ma il nodo resta quello di sempre: da qualche parte si dovrà
cominiciare a tagliare. Ed a temere di più sono le strutture
amministrative locali (con in testa le potentissime wilayas) che
temono tagli nei trasferimenti da parte dello Stato e, quindi,
il ridimensioamento dei servizi. Tema, quest'ultimo, che è alla
base della quasi totalità delle proteste popolari soprattutto di
quelle comunità che si vedono trascurate da Algeri a favore
delle metropoli.
I ministri, negli ultimi giorni e all'approssimarsi del nuovo
anno, sembrano essere prodighi di promesse e rassicurazioni. Ma
come non leggere un preciso segnale nelle parole con cui il
primo ministro Sellal ha invitato gli algerini a fare ''del 2015
l'anno della solidarietà''. (ANSAmed).
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Algeria: finito tempo vacche grasse, si profila austerità
Non solo prezzo petrolio dietro crisi, al pettine nodi passato