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Turchia, anello piu' debole coalizione anti-Isis Obama

Erdogan riluttante, Ankara non dara' appoggio militare

Redazione Ansa

(di Francesco Cerri) (ANSAmed) - ANKARA, 11 SET - Pesa una 'incognita turca' sulla coalizione varata dalla Casa Bianca: la Turchia del presidente islamico Recep Tayyip Erdogan rilevano diversi analisti e' per gli Usa l'anello piu' debole e riluttante ma indispensabile nello schieramento messo in campo contro il 'califfo' al-Baghdadi.

La pressione americana sull'alleato turco rimane alta. Dopo il non facile faccia a faccia di 80 minuti fra Barak Obama e Erdogan al vertice Nato del Galles, lunedi e' giunto ad Ankara il segretario alla difesa Chuck Hagen, seguito a ruota dal segretario di stato John Kerry. Finora con pochi risultati concreti. Ankara ha fatto sapere che non intende partecipare alle operazioni militari, ne' concedere l'uso della base di Incirlik per i raid americani contro i miliziani jihadisti. Al massimo dara' assistenza umanitaria, forse logistica. Washington preme anche perche' la Turchia sigilli i suoi 900 km di frontiera con la Siria e i quasi 400 con l'Iraq e chiuda le 'autostrade della jihad' che attraversano il suo territorio. Non e' chiaro per ora fino a che punto il governo turco intenda collaborare.

Si ritiene che migliaia di jihadisti stranieri abbiano raggiunto i ranghi dell'Isis passando dalla Turchia. Ankara ha annunciato ora di avere intercettato in due anni 830 candidati alla jihad europei e di averli rispediti indietro. Secondo Hurriyet sono state formate squadre anti-Isis per controllare frontiere terrestri e aeroporti. Ma la stampa non governativa continua a riferire di miliziani Isis feriti curati in Turchia, e di munizioni turche trovate sui jihadisti che combattono contro le forze curde nel Nord Iraq. L'opposizione ha piu' volte accusato Erdogan di aiutare l'Isis in Siria per contribuire a fare cadere Bashar al Assad e sostituirlo con un governo sunnita dei Fratelli Musulmani. Una strategia che e' fallita, e si e' rivelata un boomerang contribuendo all'arrivo dei miliziani jihadisti alle frontiere sud del paese. Ma che influenza sempre la linea di Ankara e ne alimenta le riserve verso la coalizione varata da Obama. Erdogan, rileva l'analista Kadri Gursel, "ha tentato tutto", meno un intervento militare, per fare cadere Assad. Ora teme che la guerra all'Isis legittimi e rinforzi Damasco.

Ankara, scrive Gursel, "rifiuta di accettare di avere perso la guerra a distanza con Assad, un problema che comporta aspetti psicologici seri". La Turchia sunnita di Erdogan si e' anche scontrata con il governo sciita di Nouri al- Maliki in Iraq e non vuole, secondo l'analista, vedere ora rinforzato e armato il potere centrale di Bagdad. E teme che la guerra all' Isis porti a un riconoscimento del Pkk. I ribelli curdi turchi formano sul terreno il nucleo del fronte anti-Isis, con i curdi siriani e iracheni. L'incubo turco di un 'grande Kurdistan' e' sempre dietro l'angolo.

A rendere ancora piu' scottante il 'dilemma turco' c'e' poi la vicenda dei 49 ostaggi catturati dall'Isis in giugno nel consolato di Turchia a Mosul, fra cui lo stesso console, tuttora nelle mani degli uomini del 'califfo' al Baghdadi. Un elemento di ricatto permanente per Ankara, anche se il governo ha in parte 'sterilizzato' l'opinione interna ottenendo una sentenza che vieta alla stampa turca di riferire sulla vicenda.(ANSAmed).

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