(di Remigio Benni)
(ANSAmed) - IL CAIRO, 22 APR - Da otto mesi l'ambasciata
statunitense al Cairo e' senza un titolare, guidata solo da
incaricati d'affari che si alternano. L'assenza di un
ambasciatore in un paese arabo da 40 anni alleato privilegiato
di Washington suscita perplessità all'approssimarsi delle
elezioni presidenziali fissate per il 26 e 27 maggio prossimi.
Specie se, come sembra scontato, saranno vinte dal maresciallo
El Sisi, l'ex capo dell'esercito che ha deposto il 3 luglio 2013
l'allora presidente eletto, il fratello musulmano Mohamed Morsi.
Osservatori egiziani e americani - riporta il sito del
maggior quotidiano egiziano, Ahram - valutano motivi diversi per
la prolungata mancanza di un rappresentante di rilievo del
governo statunitense al Cairo. Di certo si tratta di un segno
evidente di tensione tra i due paesi e di incertezza da parte di
Washington sulla posizione da prendere verso gli sviluppi
interni del paese: anche se non si e' mai unita al coro di chi
ha gridato al colpo di stato per la deposizione di Morsi da
parte dei militari, l'amministrazione Obama ha del resto
criticato la durezza delle repressioni contro le proteste dei
Fratelli Musulmani e di altri gruppi, fino a ridurre i
contributi finanziari annuali per i suoi aiuti militari.
Altra spiegazione, secondo gli esperti, potrebbe essere la
maggiore affidabilita', rispetto alle relazioni diplomatiche,
dei rapporti costanti mantenuti tra gli ambienti militari: il
segretario alla difesa Usa, Chuck Hagel, ha avuto quasi una
telefonata alla settimana con il nuovo 'uomo forte' del Cairo,
Mohamed Abdel Fattah El Sisi, fino a quando nelle settimane
scorse quest'ultimo si e' dimesso dal governo e da capo delle
forze armate.
Terza ipotesi, il desiderio di Washington di non essere
presente in Egitto in questo momento dopo la discussa
performance dell'ultimo ambasciatore Usa, Ann Patterson,
richiamata in patria dopo le sue pesanti prese di posizione
contro la deposizione di Morsi, indicato come l'unico presidente
egiziano eletto sostanzialmente secondo le regole della
democrazia occidentale. Giornali egiziani non esitarono allora a
definire la diplomatica 'ambasciatore dell'Inferno', 'Alto
Commissario Usa in Egitto', 'Vergognosa Patterson' o addirittura
'Scarafaggio bianco Patterson'. A questo si aggiunge
l'esitazione manifestata dal ministro degli esteri dl Cairo,
Nabil Fahmy, al segretario di stato John Kerry sulla candidatura
di Robert Ford - già' indicato nell'agosto scorso per il Cairo,
ma mai insediatosi - ex ambasciatore in Siria e presunto
'animatore' della rivolta siriana contro Bashar el Assad.
Ford, per di piu', e' considerato in buoni rapporti con gli
ambienti islamisti, e tra i promotori in particolare del dialogo
tra Washington e i Fratelli Musulmani. Motivo piu' che
sufficiente perche' non sia gradito agli attuali dirigenti del
Cairo, che hanno dichiarato in dicembre la Fratellanza
'organizzazione terroristica'.
Un'ulteriore complicazione sul piano internazionale si
aggiunge in conseguenza del riavvicinamento - per la prima volta
dai tempi di Nasser, cioè' dalla fine degli anni '60 - dei
vertici militari egiziani con Mosca, che ha appoggiato
incondizionatamente l'azione degli uomini in divisa contro
Morsi, ha benedetto per bocca di Vladimir Putin la discesa in
campo di Sisi ed ha offerto appoggio finanziario al Cairo dopo
la riduzione degli aiuti statunitensi. (ANSAmed).
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Egitto: il Cairo senza ambasciatore Usa da otto mesi
Incertezza rapporti con Washington, Mosca sullo sfondo