(ANSAmed) - NAPOLI, 26 FEB - L'Italia è una delle nazioni con
la maggiore responsabilità per il raggiungimento degli obiettivi
al 2030 nel Mediterraneo, poiché le sue coste sono lambite da 3
delle 6 aree che, se protette, si prevede forniscano i maggiori
benefici di conservazione: Mediterraneo nord-occidentale, Canale
di Sicilia e Mare Adriatico. Lo afferma il Wwf nella parte
dedicata all'Italia del suo report 'Possibili scenari per
rigenerare la biodiversità e gli stock ittici nel
Mediterraneo"'.
In Italia, secondo l'analisi condotta nel 2019 da WWF
infatti, sebbene il 19,2% delle acque territoriali italiane sia
già coperto da aree marine a vario titolo protette, soltanto
l'1,67%, incluse AMP (Aree Marine Protette) e siti Natura2000,
sono gestite in modo efficace attraverso piani di gestione
implementati. Quattro sono le azioni che il Paese deve
necessariamente compiere se intende mantenere gli impegni presi
al 2030, azioni volte in primo luogo ad aumentare l'efficacia di
gestione delle aree marine protette esistenti: identificazione,
tramite Direttiva ministeriale, di obiettivi SMART (Specifici,
Misurabili, Realizzabili, Rilevanti, Temporizzabili) per tutte
le AMP, da definire con il sostegno del ministero dell'Ambiente
e di ISPRA o enti di ricerca analoghi, per aumentarne
l'efficacia nella conservazione degli ecosistemi marini;
identificazioni di obbiettivi SMART per tutti i siti Natura
2000, da parte degli enti preposti alla loro gestione;
eliminazione delle attività illegali, ancora troppo diffuse
nelle AMP e nei siti Natura 2000; formalizzazione a livello
nazionale di sistemi locali di cogestione per condividere la
responsabilità dell'identificazione e gestione delle aree
protette e delle risorse naturali tra i diversi portatori di
interesse, compresi i pescatori artigianali, valorizzando la
piccola pesca come opportunità di presidio e gestione.
L'Italia, spiega il Wwf, ha già condiviso gli obiettivi della
Strategia sulla Biodiversità Europea e si è impegnata a
proteggere in modo efficace il 30% dei propri mari, di cui il
10% tramite aree con una protezione rigorosa, ma molto deve
essere ancora fatto. L'Italia ha inoltre omesso di fissare
obiettivi dettagliati di conservazione specifici per i diversi
siti e di stabilire le necessarie misure di conservazione
corrispondenti alle esigenze ecologiche dei diversi habitat
naturali.
L'Italia è anche molto in ritardo nella creazione di aree a
protezione integrale, che ad oggi coprono solo lo 0,1% delle sue
acque territoriali. Infine, le AMP esistenti sono soggette a una
forte pressione esercitata dal diporto, dal traffico marittimo,
dalla pesca e dalle attività illegali. Purtroppo tali attività
non possono essere debitamente contrastate da adeguate attività
di controllo a causa di un'insufficiente disponibilità di
risorse, sia in termini di fondi sia in termini di personale.
(ANSAmed).
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Wwf, in Italia 19% mare protetto, ma solo 1,6% efficacemente
Obiettivi: identificare azioni realizzabili, stop pesca illegale