(ANSAmed) - NAPOLI, 2 MAR - "Le distanze tra i livelli di
produzione, sviluppo e ricchezza delle economie più ricche e più
povere dell'area si traducono in altrettanto differenti
relazioni tra attività economica e qualità ambientale. Al
crescere dello sviluppo, i Paesi possono infatti permettersi
tecniche di produzione più efficienti, virare la struttura
economica verso settori meno inquinanti, cambiare attitudini
culturali e aumentare il valore della qualità ambientale nel
paniere dei consumatori. Anche le pressioni demografiche e il
grado di urbanizzazione sfavoriscono le economie meno sviluppate
della sponda sud". Così il ricercatore Salvatore Capasso
introduce alcune delle conclusioni del volume "Rapporto sulle
economie del Mediterraneo" del Cnr-Ismed, presentato oggi a
Napoli alla presenza del ministro dell'ambiente Sergio Costa che
ha sottolineato come "i cambiamenti climatici - ha detto - nel
Mediterraneo hanno un grandissimo impatto economico e sociale,
basta pensare alla desertificazione e ai movimenti della
popolazione.
E' la sfida delle sfide come dice il segretario generale
dell'Onu Guterrez. Nel Mediterraneo ci sono 21 Paesi di tre
continenti, l'Europa ha un fronte avanzato sul tema con Italia,
Francia, Spagna e Portogallo e noi siamo considerati soggetto
facilitatore, in un'area in cui, ad esempio in Nord Africa, ci
sono Paesi che vanno a velocità diverse per i problemi che
hanno: il Marocco cammina ovviamente in maniera diversa rispetto
alla Libia per motivi interni. Ma all'Italia è riconosciuto un
ruolo di aiuto, siamo uno tra i primi Paesi al mondo che ha
memorandum con i Paesi africani sui cambiamenti climatici".
Il volume analizza l'ambiente e le sue interrelazioni con le
dinamiche economiche e sociali nei paesi che si affacciano sul
Mediterraneo, i cambiamenti climatici e il loro impatto sui
territori, i costi in termini di mortalità, morbilità e qualità
della vita dell'inquinamento ambientale. L'edizione 2019 parte
dai risultati del convegno Cnr "Mutamenti climatici, crisi
socio-economiche e (in)sicurezza alimentare: un Mediterraneo in
transizione". Il volume offre molti spunti come quello
sottolineato da Grammenos Mastojeni, vicesegretario generale
dell'Unione del Mediterraneo (UfM) incaricato per il settore
clima ed energia: "Le anomalie climatiche - afferma - hanno
agito da acceleratore delle tensioni sfociate in conflitti e
rivolte che a partire dal 2011 hanno infiammato il Nord Africa e
la Siria. Anche se non si possono etichettare le rivolte del
Mediterraneo come conflitti ambientali, non vi è dubbio che il
cambiamento climatico risulta spesso il fattore scatenante dei
conflitti". Crisi politiche e cambiamenti climatici aumentano
anche la spinta alla migrazione: "Il cambiamento climatico -
sostiene Alfonso Giordano, docente di Geografia politica alla
Luiss Guido Carli di Roma - non porta automaticamente a
situazioni di insicurezza o conflitti, ma esistono relazioni
complesse tra climate change e fattori politici, sociali,
economici, ambientali che possono minare la sicurezza o
innescare/esacerbare i conflitti. La maggioranza degli studi
scientifici indica, non a caso, che la vulnerabilità ai
cambiamenti climatici nel Mediterraneo e nell'Africa
sub-sahariana risulta tra le principali determinanti delle
dinamiche migratorie".
Tra gli altri aspetti analizzati dal rapporto spicca il nesso
tra acqua, cibo ed energia come osserva Desireé Quagliarotti,
ricercatrice Cnr-Ismed, "la tendenza verso un uso più intenso
delle fonti rinnovabili nei paesi euro-mediterranei potrà
favorire un duplice obiettivo: diminuire la dipendenza da paesi
politicamente instabili e ridurre le emissioni di gas serra".
(ANSAmed).
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Clima: Med,con sviluppo produzione efficiente e meno impatto
Mutamenti climatici in rapporto Cnr su economie Mediterraneo