(dall'inviato Patrizio Nissirio)
(ANSAmed) - Atene, 1 ott - Il Mediterraneo versa in uno stato
preoccupante, stretto tra sviluppo edilizio, inquinamento,
aumento della popolazione, ma è anche il luogo dove i governi,
le organizzazioni internazionali e la società civile fanno più
di altre zone del globo per contrastare il degrado, il che
mantiene accesa la speranza. Lo pensa Gaetano Leone, l'italiano
che coordina il Mediterranean Action Plan, l'iniziativa sotto
l'egida dell'Onu che unisce i paesi che si affacciano su uno dei
mari più delicati del pianeta per tentare di salvarne
l'equilibrio.
''Sarò sincero, lo stato non è buono - spiega Leone, che
oggi ha chiuso il 16.mo incontro mondiale dei Regional Seas
Programmes, che da 40 anni raggruppano le nazioni nella tutela
degli specchi d'acqua che le accomunano - ci sono molti
elementi, come l'enorme aumento della popolazione urbana
(arriveremo a 500 milioni di abitanti nei prossimi vent'anni),
il turismo (il Mediterraneo ospita il 30% del turismo
internazionale, che ogni anno fa raddoppiare la popolazione
costiera), il commercio, la pesca eccessiva. Vediamo inoltre i
primi effetti dell'innalzamento della temperatura: ormai studi
come quello del'Ipcc (Intergovernamental panel on climate
change) ipotizzano gli effetti del cambiamento climatico sulle
aree del Med, come la siccità e fenomeni estremi del meteo''.
Questo per il capitolo cattive notizie, ma c'è anche motivo di
ottimismo. ''La cosa buona è che ci sono molti agenti per il
cambiamento - spiega Leone, da tre mesi ad Atene con il Map -
Abbiamo molti paesi ricchi nella nostra regione, che insieme a
quelli della sponda sud lavorano a fini di protezione del mare.
Abbiamo ad esempio inaugurato di recente una grande zona
protetta tra Italia, Francia e Spagna. Il Mediterranean Action
Plan è stato il primo a partire, tra i Regional Seas program
dell'Unep, l'agenzia Onu per la protezione dell'ambiente, già
nel 1975. Siamo stati un esempio, con lo strumento legalmente
vincolante, che è la Convenzione di Barcellona e i protocolli
che l'hanno seguita. Per esempio, sull'importantissimo capitolo
dei rifiuti in mare siamo stati in anticipo su tutti gli altri,
con accordi di nuovo vincolanti, non solo per la loro riduzione,
ma con la ricerca in collegamento con le industrie della
plastica, cercando di arrivare a una produzione e un consumo
sostenibile. Difendiamo la biodiversità, lavoriamo con
l'industria della pesca, andiamo nelle scuole''.
''E, fatto moto importante, nel Mediterraneo c'è una società
civile molto cosciente e che si impegna - aggiunge - Si pensi
all'Italia, secondo paese donatore della convenzione di
Barcellona. C'è tantissimo da fare, ci sono grandi problemi, ma
noi ed altri facciamo molto. Molte cose sono piccole ma
l'impatto generale è grande. Ed è fondamentale perchè serve un
cambiamento''.
La confenza di Atene ha ribadito l'importanza dei Regional
seas programmes, con idee per potenziare gli accordi e la
cooperazione tra i vari mari regionali, parlando soprattutto del
futuro''Per la prima volta abbiamo dato voce ai governi che
presiedono le varie convenzioni, e si sono affrontati problemi
come quello dei rifiuti marini, dove ognuno ha raccontato la
propria esperienza. É stata la prima volta, in quarant'anni'',
conclude Leone. Appuntamento a ottobre 2015 a Istanbul.
(ANSAmed).
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Mediterraneo:Leone(Med action plan),preoccupati ma ottimisti
Chiude conferenza Piani regionali Onu, avanti con impegno futuro