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Matthiae, per noi archeologi è fondamentale l'approccio

Accademico Lincei dal '64 in Siria, fu lui a scoprire Ebla

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 09 MAG - All'inizio "l'archeologia dei Paesi più importanti dell'Europa occidentale nei Paesi del vicino orientale ha una storia complessa" perché i nostri Paesi "cercavano l'acquisizione patrimoniale, per esempio dei rilievi degli Assiri, basta andare al British museum per accorgersene", ma poi "si è sviluppata in modo in positivo". Lo racconta all'ANSA Paolo Matthiae, conosciuto come l'archeologo di Ebla, località della Siria settentrionale nella quale ha lavorato per una cinquantina di anni, oltre ad essere professore emerito alla Sapienza di Roma e accademico dei lincei.
    "Oggi si fa molto parlare in maniera un po' vacua del post coloniale, non è tanto importante questo, ma il modo con cui noi archeologi lavoriamo, in questi Paesi, lo spirito con cui ci comportiamo con i nostri colleghi" spiega Matthiae, segnalando però che "la cosa essenziale è qualcosa che da una parte non si può imparare e dall'altra non si può insegnare, qualcosa che è innato nella nostra natura".
    L'archeologo lo spiega attraverso un aneddoto della sua esperienza: "Ho cominciato a lavorare nel 1964, in quella che dopo cinque anni è diventata Ebla, e ho sempre tenuto al modo naturale di comportarmi con i miei operai. Quando ho cominciato a lavorare avevo 24 anni - spiega Matthiae - e in 47 campagne di scavo non c'è stata una volta che alle 4.30/5 di mattina non facessi l'appello degli operai personalmente. Questo significava che gli operai mi consideravano sì il mudir, cioè il direttore della missione, e avevano grande rispetto per me, ma mi consideravano una parte importante della comunità" ha concluso il professore. (ANSA).
   

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