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Ucraina: Greenpeace, mappa dei danni ambientali della guerra

Danneggiate aree protette e foreste, sparse sostanze tossiche

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 21 FEB - A pochi giorni dall'anniversario del conflitto in Ucraina, Greenpeace e la Ong ucraina Ecoaction pubblicano oggi una "Mappa dei danni ambientali" causati dalla guerra e per denunciare i gravissimi impatti sugli ecosistemi.
    Le due organizzazioni chiedono inoltre al governo di Kiev e alla Commissione Europea di istituire un fondo per il ripristino dell'ambiente, vittima silenziosa della guerra.
    I dati, raccolti da Ecoaction e consultabili online, sono stati confermati dalle immagini satellitari e mappati da Greenpeace Central and Eastern Europe (Cee). La mappa illustra 30 dei 900 eventi raccolti, per evidenziare gli impatti ambientali più gravi. In base alle informazioni ufficiali, dall'inizio delle ostilità sono stati danneggiati circa il 20 per cento delle aree naturali protette del Paese, e 3 milioni di ettari di foresta, mentre altri 450 mila ettari si trovano in zone occupate o interessate dai combattimenti.
    La guerra ha provocato incendi, danneggiato gli habitat e inquinato l'acqua, l'aria e il suolo, mentre i bombardamenti dei siti industriali hanno provocato ulteriori contaminazioni. Le esplosioni, inoltre, rilasciano nell'atmosfera un cocktail di composti chimici. Il principale, l'anidride carbonica, non è tossico, ma contribuisce al cambiamento climatico. Gli ossidi di zolfo e di azoto possono inoltre provocare piogge acide, modificando il pH del suolo e causando la bruciatura della vegetazione, soprattutto delle conifere. Le piogge acide sono pericolose anche per gli esseri umani e per la fauna, perché hanno un grave impatto sulle mucose e sugli organi respiratori.
    Anche i frammenti metallici delle granate sono pericolosi per l'ambiente. La ghisa mista ad acciaio è il materiale più comune per i bossoli delle munizioni e non contiene solo ferro e carbonio, ma anche zolfo e rame. Queste sostanze si infiltrano nel terreno e possono finire nelle acque sotterranee, entrando nelle catene alimentari di esseri umani e animali. (ANSA).
   

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