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Energia: ambientalisti,non strumentalizzare effetti Pitesai

Comunicato congiunto Greenpeace Italia, Legambiente e WWF

Redazione Ansa

(ANSA) - ROMA, 12 APR - "Non si strumentalizzi l'attuale crisi energetica e il PiTESAI, il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee entrato in vigore a febbraio. Le 37 istanze rigettate a fine marzo sono "solo" permessi di ricerca e non concessioni estrattive, pozzi o piattaforme. Nessuno dei titoli in questione al momento e nei prossimi anni produce o produrrebbe gas".
    È quanto sottolineano in una nota congiunta Greenpeace Italia, Legambiente e WWF Italia , dopo la querelle nata dalla pubblicazione del BUIG (Bollettino Ufficiale degli Idrocarburi e delle Georisorse).
    "In particolare -spiegano le associazioni nella nota- "si sta cercando di far passare queste bocciature per quello che non sono e si sta utilizzando la crisi del gas, dovuta anche al conflitto in Ucraina, per alimentare la fantomatica indipendenza energetica dell'Italia grazie agli idrocarburi presenti nel sottosuolo o nei fondali della penisola".
    Secondo le associazioni "in Italia dei 3,5 miliardi di metri cubi di gas estratti nel 2021 (1,9 miliardi a mare e 1,6 a terra), la stragrande maggioranza del gas estratto proviene da 11 concessioni di coltivazione a mare (su 43 titoli vigenti) e da 4 concessioni di coltivazione a terra (su 58 titoli presenti). Nel dettaglio si evince come il 77% del gas estratto a mare proviene da 11 concessioni di cui 3 (di proprietà ENI) contribuiscono per circa il 35% e le restanti 9 concessioni per il restante 42% del totale a mare. Ancor più evidente la situazione sulla terra ferma dove il 77% della produzione proviene da sole 4 concessioni di cui in particolare 2, ubicate in Basilicata, contribuiscono per 70%. Tradotto in parole semplici, la quasi totalità del gas estratto in Italia proviene solamente da 15 concessioni di coltivazione, mentre le restanti 86 concessioni contribuiscono ognuna pochi decimi percentuali rispetto al totale. In ottica di produzione ed economicità sarebbero quindi tutte da dismettere perché vivono nei nostri mari senza dare alcun apporto significativo, strategico o economico alla comunità". (ANSA).
   

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