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Rush finale alla Cop25,ma negoziati in alto mare

Dossier ancora sul tavolo, chiusura può slittare a sabato

Redazione Ansa

Alla vigilia della chiusura della Cop25 a Madrid, i negoziati sembrano ancora in alto mare. Dopo dieci giorni di lavori, la Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici ha in sospeso alcune questioni che richiedono impegni concreti soprattutto da parte dei Paesi più ricchi sia nella riduzione dei gas serra sia nei finanziamenti ai Paesi vulnerabili, colpiti dalle conseguenze del riscaldamento globale, come alluvioni, siccità o incendi.
    Per sbloccare l'impasse si guarda ad un ruolo più incisivo dell'Europa, puntando a un accordo per rivedere nei prossimi mesi gli attuali impegni di taglio di gas serra al 2030.
    Il documento finale dei 196 Paesi più l'Unione europea, spiegano gli osservatori delle trattative, dovrebbe essere elaborato nell'ottica del "pacchetto", cioè deve comprendere e definire tutte le questioni importanti. Che sono tre: "Ambizione", cioè l'aumento degli impegni nazionali sottoscritti nel 2015 a Parigi per il taglio di gas serra (Ndc) che siano in linea con l'innalzamento medio della temperatura globale di 1,5 gradi centigradi entro il 2100 rispetto al periodo preindustriale. Ci sono già 73 Paesi che hanno definito l'aumento degli impegni o l'intenzione di rafforzarli, altri 11 hanno avviato il processo e l'Italia non compare nella lista. Il secondo dossier riguarda l'articolo 6 dell'accordo di Parigi sulla regolazione del mercato globale del carbonio e il terzo è sugli aiuti per i "loss and damage", ovvero per le perdite e i danni subiti dai Paesi vulnerabili.
    Quest'ultimo punto, contenuto nel cosiddetto Meccanismo internazionale di Varsavia, prevede che ci sia la revisione del sistema di aiuti. I Paesi vulnerabili chiedono 50 miliardi di dollari all'anno entro il 2022, da aggiungere ai 100 miliardi all'anno al 2020 ed estesi almeno al 2025, per una ricostruzione e una ripresa economica.
    Quanto all'Ambizione, i Paesi vulnerabili vogliono sia scritta nero su bianco nella decisione finale della Cop la parola "Enhanced", ovvero "aumentati" in relazione agli impegni di alzare gli obiettivi di taglio di Co2 al 2030, che vanno presentati alla Cop26 a Glasgow nel novembre 2020. Ma chiedono anche che questi impegni siano formalizzati entro ottobre 2020, al segretariato dell'Unfccc (la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), in modo da preparare un rapporto per la Cop26 per capire se ci sia un gap fra gli impegni trasmessi e quelli necessari per l'obiettivo +1,5 gradi.
    Secondo il neonato "Green new deal" della Commissione Ue la proposta di aumento dei target di riduzione delle emissioni al 2030 dovrebbe essere presentata solo entro l'estate 2020. Che sarebbe troppo tardi, fanno osservare gli addetti ai lavori, perchè non ci sarebbe il tempo per consentire ai governi europei di raggiungere un accordo ambizioso entro l'ultima data utile di giugno 2020. E' il Consiglio Europeo riunito oggi e domani che deve adottare un'ambiziosa strategia climatica di lungo termine.
    All'interno di questa questione c'è quella della durata di attuazione degli impegni: alcuni vorrebbero 5 e altri 10 anni.
    Relativamente all'articolo 6 c'è ancora divisione sul meccanismo di calcolo dei crediti di carbonio, con il Brasile che vorrebbe un "doppio conteggio" sia a carico di chi vende sia di chi compra. Braccio di ferro, infine, sull'integrità ambientale dei progetti per cui i crediti prodotti devono rispettare i criteri rigorosi di protezione ambientale e sostenibile. Ma il rispetto dei diritti sociali e umani sarebbe al momento solo citato nel preambolo dell'accordo. (ANSA).
   

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