CEOforLIFE

Intervista al CEOforLIFE Daniele Di Fausto, CEO Global eFM, Founder Venture Thinking

Redazione Ansa

In che modo la Community dei CEOforLIFE contribuisce ad accelerare e diffondere i Progetti di Sviluppo Sostenibile che porta avanti la vostra azienda?

L’incontro con la Community di Ceo For Life è per noi assolutamente generativo, non soltanto perché condividiamo lo stesso approccio ecosistemico, ma anche perché rappresenta un laboratorio naturale in cui i CEO possono trasformare le proprie vocazioni in termini di sostenibilità, in progetti concreti. In scia con il 17° SDGs, che vede nella partnership tra soggetti diversi lo strumento ideale per la crescita sociale, crediamo che il cambiamento di paradigma sia possibile esclusivamente in una logica di collaborazione interaziendale ed è su questo che abbiamo concentrato le nostre energie, negli ultimi anni. In questo senso Ceo For Life ha rappresentato uno dei primi e più importanti interlocutori a cui raccontare il progetto HUBQUARTER. Venivamo da una bellissima esperienza progettuale in seno alla Fondazione Venture Thinking, che aggrega innovatori e accademici da tutto il mondo, attraverso la quale eravamo riusciti a definire la struttura del progetto. A quel punto la necessità vera era quella di “metterlo a terra”, di condividerlo con altre aziende e renderlo concreto. Così, circa un anno fa, abbiamo lanciato HUBQUARTER dal tavolo virtuale di Ceo For Life e da allora non ci siamo mai fermati. Prima abbiamo creato una factory di CEO per definire gli aspetti più operativi del progetto, poi abbiamo iniziato a testarlo in vario modo: dall’adeguamento degli spazi della singola azienda, fino alla creazione di un vero e proprio HUB dedicato al PNRR, con sede in Piazza Montecitorio.

In che modo la trasformazione dei luoghi di lavoro proposta da eFM può essere definita ingaggiante per i dipendenti?

eFM nasce con un obiettivo specifico: creare luoghi in cui le persone possano dare il meglio di sé non solo nella logica della performance, ma come conseguenza naturale di uno stato di benessere e soddisfazione. Siamo partiti da un assunto: il luogo di lavoro ha un’influenza fondamentale sul nostro stato d’animo e sul percorso di crescita che facciamo, per questo deve essere pensato e progettato considerando gli aspetto funzionali, ma soprattutto le relazioni che in esso si stabiliranno. Prima della pandemia, un’indagine Gallup aveva dimostrato che in Italia solo il 5% dei lavoratori considerava il proprio luogo di lavoro “ingaggiante”. Oggi, nei diversi stream di sperimentazione del progetto HUBQUARTER, questa percentuale è salita al 50%. Un luogo di lavoro non è solo una porzione di superficie. È uno spazio da abitare, da vivere e va immaginato e gestito in questo modo. Alla base dei nostri “engaging places” mettiamo sempre una storia: quella delle persone che li abiteranno. In questo modo riusciamo a capire quali caratteristiche quello spazio deve avere e in che modo possono cambiare nel tempo. Realizziamo un gemello digitale di ciascun ambiente e questo ci permette di osservarlo in tutto il ciclo di vita, operando scelte consapevoli che vanno nella direzione di una ottimizzazione dei costi, una personalizzazione dei servizi e una misurazione costante dei flussi generati. A tutto questo abbiamo aggiunto, negli ultimi anni, la dimensione della capillarità territoriale. I nostri spazi non sono più soltanto ibridi, ma diffusi, per valorizzare al massimo gli asset aziendali e soprattutto mettere tutti i dipendenti nella condizione di poter scegliere, ogni giorno, la propria esperienza lavorativa.

Come può essere spiegato il nuovo approccio di lavorare sullo spazio di eFM “disegnare per evolvere”?

eFM nasce all’inizio degli anni 2000 con un proposito chiaro: digitalizzare gli edifici delle grandi aziende, per ottimizzare e valorizzare i loro luoghi. Studiandone i flussi, la conformazione e la vita al loro interno, abbiamo garantito grandi risultati, ottimizzando gli spazi e i costi di gestione. Evolvendo noi ed evolvendo il mercato del real estate, ci siamo resi conto che da solo questo non bastava e che dovevamo prendere in considerazione anche altri aspetti: come il benessere delle persone nei luoghi e la qualità delle loro relazioni. Crediamo che gli spazi non debbano limitarsi ad essere efficienti, ma possano diventare attrattivi per le persone, suscitando in loro una condizione di benessere e supportando uno scambio generativo. Così, abbiamo iniziato a studiare spazi che fossero sicuramente ottimizzati e gestiti digitalmente, ma che potessero sostenere, abilitare e facilitare anche le relazioni tra le persone. Da questa filosofia è nato il modello HUBQUARTER, un nuovo modo di concepire lo spazio: non più solo un luogo di proprietà di una singola corporation, non più un luogo chiuso, ma aperto. Abbiamo concepito uno spazio distribuito e connesso sul territorio, capace di evolvere, di trasformarsi e cambiare setting in base alle esigenze delle persone che lo vogliono abitare. Attraverso questo nuovo paradigma, gli spazi pubblici e privati, vengono messi in condivisione, grazie al supporto della tecnologia. Questo approccio è in grado di creare un impatto positivo per le persone, per le organizzazioni e per l'ambiente, trasformando l’intera città in un unico grande hub di esperienze. Applicando il modello HUBQUARTER le condizioni di lavoro dei singoli individui migliorano, perché hanno finalmente la possibilità di scrivere il proprio journey professionale, scegliendo non più soltanto quale ambiente all’interno di un ufficio, ma addirittura quale luogo all’interno di un’intera città. Gli spazi inoccupati delle organizzazioni tornano a vivere e si animano di relazioni, diventando generativi di idee e incrementando il senso di appartenenza e di comunità delle persone. E anche l’ambiente ne beneficia, perché l’economia dei territori non è più soggetta a migrazioni di massa e, riducendosi il traffico, anche la percentuale di emissioni di CO2 viene ridotta. In questo modo le risorse e i servizi vengono ridistribuiti omogeneamente sull’intero territorio e tutto il tessuto socio-economico ne trae beneficio.

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