ASviS

Nonostante violenza e ottusità, giovani e donne sono una speranza per il domani

Redazione Ansa

di Donato Speroni

Tra le tante immagini per illustrare la cronaca di questa settimana, potevamo scegliere quella delle violenze a opera dei seguaci del Feyenoord nella folle notte di Tirana che ha preceduto la finale della Conference league vinta dalla Roma. Simbolo di un tifo calcistico che ha perduto la ragione, come anche nel caso degli ultras milanisti (pochi per fortuna, tra molte migliaia) che hanno festeggiato lo scudetto insultando madri e sorelle degli interisti. O potremmo partire da immagini di follia ben più tragiche, come quelle dei 19 bambini (più due insegnanti) uccisi a Uvalde, nel Texas, da un teenager, un ragazzo poco più grande di loro. Per non parlare delle sofferenze e delle crudeltà che ci vengono documentate ogni giorno dai coraggiosi giornalisti che ci raccontano il conflitto dai campi di battaglia ucraini. Violenze e follie che vanno al di là di una cronaca dei combattimenti, ma che purtroppo accompagnano tutte le guerre. 

Il mondo però non è fatto solo di queste notizie che ci chiudono lo stomaco. Allora cominciamo da un’altra immagine, che ho negli occhi per averla vissuta: le migliaia di bambini, adolescenti, giovani che affollavano i padiglioni del Salone del libro di Torino, per iniziative di bravi insegnanti o scelte individuali, ma che, posso testimoniarlo, si aggiravano in quella foresta cartacea con sincera curiosità, quasi scoprissero un nuovo mondo. Compreranno libri, li leggeranno davvero? Non lo so, ma quel contatto fisico con l’editoria mi è sembrato una buona premessa. 

Al Salone del libro, l’Alleanza ha organizzato il suo terzo ASviS live di quest’anno,  in avvicinamento al sesto Festival dello sviluppo sostenibile, che si terrà dal 4 al 20 ottobre. Finalmente siamo potuti tornare a una forma mista di incontri: una sala (piena) e migliaia di persone che seguivano on line. Il tema scelto era una grande scommessa: “Pace, multilateralismo e futuro dell’Europa”, una discussione sulle modalità di costruzione di una pace globale (in Europa, ma anche in tutti gli altri teatri di guerra) attraverso istituzioni solide, ma anche il richiamo a una diversa capacità di gestire i conflitti connaturati all’uomo senza ricorrere alla violenza. Non un generico volemose bene pacifista, ma una pace basata sul dialogo e sulla giustizia per tutti. 

I partecipanti all’evento hanno offerto risposte importanti. Vista la vastità delle domande, nessuno ci ha fornito “la ricetta per riformare il mondo”, ma tutti ci hanno dato food for thought, stimoli per riflettere, fino all’intervento conclusivo della viceministra Marina Sereni (Affari esteri e cooperazione internazionale) che ha posto con forza il tema dell’aiuto allo sviluppo, da portarsi dall’attuale 0,2 allo 0,7% del Pil in base agli impegni internazionali assunti dall’Italia. Una differenza di una decina di miliardi, ma che sarebbe anche il segno di una diversa scelta di priorità, perché la partita dello sviluppo sostenibile si giocherà soprattutto in quei Paesi che hanno più fame di energia e di nuovi consumi e che devono essere aiutati a crescere: senza danneggiare il Pianeta e quindi il futuro dell’umanità in termini di emissioni climalteranti e consumi di materia. 

Si è detto, nel corso dell’evento del 23 al Salone, che la pace, la giustizia, la riforma delle istituzioni internazionali non si possono realizzare senza un ampio concorso dei popoli alla costruzione di questo nuovo mondo al quale tendiamo. "Sviluppo sostenibile è partecipazione", si potrebbe dire parafrasando il testo di Giorgio Gaber del 1972 (cinquant’anni fa!). Nell’Agenda 2030 questo principio è ben presente, perché nell’ambito dell’Obiettivo 4 (“Istruzione di qualità”) si colloca il target 4.7:

"Entro il 2030, assicurarsi che tutti i discenti acquisiscano le conoscenze e le competenze necessarie per promuovere lo sviluppo sostenibile attraverso, tra l’altro, l'educazione per lo sviluppo sostenibile e stili di vita sostenibili, i diritti umani, l'uguaglianza di genere, la promozione di una cultura di pace e di non violenza, la cittadinanza globale e la valorizzazione della diversità culturale e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile".

L’impegno per raggiungere questo traguardo è una delle priorità dell’ASviS, che intende presentare al più presto, al mondo della scuola e all’opinione pubblica, le sue proposte per promuovere nei giovani la “cultura dello sviluppo sostenibile”. Una cultura che presuppone anche un diverso modo di vivere l’istituzione scolastica, come delineato dalle proposte presentate al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi da una commissione composta da architetti e docenti, riassunte da Futuranetwork 


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Chi nell’ASviS lavora su questi temi è ben consapevole che la promozione dello sviluppo sostenibile deve inserirsi in un problema culturale più ampio. Così come non c’è pace senza giustizia e capacità di gestione non violenta dei conflitti, allo stesso modo, non ci può essere sviluppo sostenibile se manca una cultura di base che rende le persone capaci di riflettere e di confrontarsi sul loro futuro. E magari di cambiare idea. 

La polemica esplosa in questi giorni dopo il rapporto di Save the children sui profondi squilibri nella preparazione degli studenti italiani ha riproposto un problema già noto, ma il tema è anche più generale, come già segnalato in questi editoriali: le indagini dell’Ocse ci hanno avvertito già da dieci anni, senza che si facesse nulla di significativo per cambiare, che una consistente parte della popolazione italiana adulta è analfabeta di ritorno, non perché non sa leggere o far di conto, ma perché non è in grado (o non vuole) di capire il significato di quello che c’è scritto su un testo. 

Ha avvertito Antonio Polito, nell’editoriale (“La cultura che forma i ragazzi”) del Corriere della Sera del 25 maggio:  

"Costernati e allarmati, abbiamo fatto finta di scoprire grazie alla denuncia di Save The Children che metà dei quindicenni italiani non comprendono i testi che leggono (in realtà bastavano e avanzavano i tanto osteggiati test Invalsi). La nostra preoccupazione immediata ha riguardato, come è logico, il futuro di questi teenager; che ne sarà di loro all'università, nella vita, nella competizione sempre più spietata per i pochi lavori di qualità che il mercato offre ai giovani?

Non ci siamo chiesti però che ne sarà della nostra democrazia, quando coorti generazionali illetterate diventeranno il corpo elettorale di domani. E invece dovremmo, perché c’è un nesso molto stretto tra istruzione e suffragio universale. 

Ralf Dahrendorf, il grande sociologo anglotedesco, era solito sostenere
che la democrazia non può esistere senza cittadini. Senza un dibattere informato. Senza una «sfera pubblica», e cioè senza uno spazio di incontro tra soggetti liberi e con uguale diritto di parola, che sottopongono al vaglio reciproco le loro idee-opinioni..."

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Immagine di copertina: Pagina Facebook Salone Internazionale del Libro di Torino 2022

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