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Alta sostenibilità - Aumenta l’occupazione ma anche gli inoccupati: quanto pesa l’effetto Yolo

Redazione Ansa

“Lavoro, imprese, innovazione. Cosa sta cambiando?” è il titolo della puntata di “Alta sostenibilità” andata in onda il 9 maggio su Radio Radicale e condotta da Valeria Manieri ed Elis Viettone. Ospiti della trasmissione: Marco Bentivogli (coordinatore nazionale di Base Italia), Chiara Giovenzana (referente del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 9 – Imprese, innovazione e infrastrutture), Luciano Monti (docente alla Luiss di Roma e coordinatore del Gdl ASviS sul Goal 8 – Lavoro dignitoso e crescita economica, condirettore scientifico della fondazione Bruno Visentini).

La riflessione ha preso spunto dai dati rilasciati dall'Istat relativi al primo trimestre 2022. Crescono di molto gli occupati, del 3,6% rispetto a marzo 2021 (+804mila unità), ma diminuiscono in modo significativo le persone che cercano lavoro. Rispetto a marzo 2021, il calo è del 16,6%, pari a -412mila unità). D’altra parte, la pandemia ha cambiato il mercato del lavoro e sembra aver alimentato la crescita della cosiddetta You only live once (Yolo) economy partita dagli Stati Uniti, che descrive la tendenza, soprattutto da parte dei giovani, di prendere decisioni che bilanciano vita, valori e lavoro attraverso scelte sempre più in linea con la propria persona. Come si traduce la filosofia della Yolo economy nel nostro Continente e nel nostro Paese?

Luciano Monti, docente Luiss e coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 8, Lavoro dignitoso e crescita economica, condirettore scientifico della Fondazione Bruno Visentini

A illustrare la questione è stato Monti: “Si tratta di una tendenza che ruota intorno a quattro fenomeni, due europei e due tipici italiani. Il primo macrofenomeno è che si tenderà sempre di più a scegliere prima il luogo dove vivere, in base anche a tutti quei servizi collegati al benessere, e poi il luogo di lavoro. Ciò avviene grazie alla digitalizzazione e alla pandemia che ha accelerato l’uso dello smart working. Questo non significa mettere in secondo piano il lavoro, ma avere la possibilità di organizzare qualsiasi aspetto della propria vita. Il secondo macrofenomeno ci dice invece che si va sempre più verso una centralità delle competenze. Venendo poi alla realtà italiana, troviamo due questioni sostanzialmente negative e legate al mondo giovanile. I nostri ragazzi non sono più portati a pensare a lungo termine, anche perché il muro del divario intergenerazionale non consente di immaginare la propria vita. C’è poi il fenomeno delle startup, che nel nostro Paese a livello giovanile è ancora limitato, senza dimenticare che l’Europa continua a ricordarci che il nostro Paese non è un luogo favorevole al mondo dell’impresa. Il problema del nostro mercato del lavoro è che non abbiamo mai avuto una vera e propria politica industriale e oggi ne paghiamo gli effetti, basti pensare alla crisi energetica”.

Chiara Giovenzana, imprenditrice e investitore, Referente del gruppo di lavoro ASviS sul Goal 9, Imprese, innovazione e infrastrutture

“Aggiungerei alla discussione un quinto elemento, c’è una scelta lavorativa che si basa sempre più sui valori”, ha affermato Giovenzana, “i giovani, e non solo, si pongono una domanda: dove voglio investire gli anni di lavoro che mi rimangono? La risposta è fare un’attività che abbia un impatto che va al di là del proprio tornaconto. Cercano dunque aziende sostenibili che siano anche in grado di aiutare il Pianeta. È chiaro che attira la possibilità di licenziarsi per entrare nel mondo delle startup, ma qui bisogna analizzare i risvolti sociali: molti potrebbero fare il ‘passo più lungo della gamba’ e dunque avere problemi. Ecco perché risulta fondamentale il tema della formazione, che deve essere fatto dal sistema-Paese: se non si hanno competenze bisogna crearle. Ma quali sono gli elementi che permettono di capire se una startup potrà avere successo o meno? A mio avviso i principali sono tre. Il primo riferito al prodotto/tecnologia, il secondo è capire se ci sono idee chiare di come portare il prodotto sul mercato, e il terzo, quello fondamentale, è il team, le persone. Un team bravo e competente, che funziona, è un team che riesce anche a portare al successo un prodotto non eccelso. Se invece il team manca, allora anche un prodotto di qualità farà fatica”.

Marco Bentivogli, coordinatore nazionale di Base Italia

Infine, per Bentivogli “bisogna partire dai dati italiani dell’ultimo trimestre sul mercato del lavoro, per capire quanto della nuova occupazione sia dovuta alla nuova economia da bonus. Per quanto riguarda i fenomeni che stanno investendo il mercato del lavoro nel mondo, l’analisi sull’Italia è particolarmente interessante. Innanzitutto perché le dimissioni registrate per via della Yolo economy avvengono in un Paese dove i numeri del mercato del lavoro sono terribili: abbiamo la peggiore partecipazione femminile all’occupazione, la disoccupazione giovanile media tra le più alte in Europa, la transizione scuola-lavoro tra le più lunghe, subiamo la fuga dei cervelli e possediamo livelli di competenza medio-bassi. Quelli che lasciano e trovano nel primo anno un nuovo lavoro vivono soprattutto nelle aree più dinamiche del Paese. Diversa è la situazione nel resto d’Italia dove si fa più fatica. Abbiamo bisogno di un lavoro che realizzi di più e che non mortifichi il resto della vita. Molti lasciano il lavoro anche per questo motivo. C’è inoltre poca corrispondenza tra politiche del lavoro e realtà. Le politiche del lavoro degli ultimi 30 anni non hanno funzionato, tutti gli indicatori del mercato del lavoro sono peggiorati, qualcosa non va”.

 

di Ivan Manzo

 

 

 

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