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Covid-19: i giovani sempre più preoccupati per l’impatto su salute mentale e istruzione

Redazione Ansa

Le organizzazioni giovanili esprimono crescenti preoccupazioni per l'impatto della crisi Covid-19 sulla salute mentale e sull'accesso all'istruzione e al lavoro. Inoltre, i timori per le sfide legate all'accesso e al mantenimento dell'occupazione rimangono tra le ragazze e i ragazzi tra 15 e 29 anni a un livello molto elevato. È questo il quadro che emerge dal nuovo policy paper “Delivering for youth: How governments can put young people at the centre of the recovery”, l’indagine pubblicata il 17 marzo dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) sugli impatti del Covid-19 sulle nuove generazioni. L’analisi, condotta tra giugno e luglio del 2021, ha raccolto le opinioni di un campione di 151 organizzazioni giovanili di 72 Paesi, comprese 100 organizzazioni con sede nei 36 Paesi Ocse, su come i giovani hanno vissuto la crisi pandemica e sulla loro opinione riguardo le risposte dei governi all’emergenza. Sono stati così esaminati gli sforzi dei governi dei Paesi per rispondere alle necessità e alle aspettative dei giovani nella ripresa dalla pandemia, tramite approcci integrati di governance pubblica, per fornire raccomandazioni su come assicurare una ripresa equa, inclusiva e resiliente per i giovani.

Le risposte dei giovani. Alla richiesta di identificare le aree in cui il Covid-19 ha avuto l’impatto più rilevante sui giovani, le organizzazioni giovanili intervistate hanno espresso le maggiori preoccupazioni in tre aree principali:

  1. salute mentale (83%);
  2. istruzione (64%);
  3. occupazione (42%).

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Inoltre, sono emerse preoccupazioni anche per quanto riguarda le relazioni familiari e le amicizie (35%), e sulla limitazione delle libertà individuali (34%). Più della metà delle organizzazioni giovanili (53%), ha espresso soddisfazione nell’azione intrapresa dai governi sulla base delle evidenze scientifiche, e nel modo in cui è stata impiegata la comunicazione istituzionale per informare i cittadini dei rischi legati al Covid-19. Nonostante questi aspetti positivi, è affiorata, però, una significativa insoddisfazione per le modalità con cui i governi hanno fornito servizi pubblici ai giovani durante la crisi pandemica, in particolare nel settore dello sport, della cultura e del tempo libero (63%) e dell’istruzione (60%).

Il futuro della politica: tra disinformazione e democrazia. Più di un intervistato su tre delle organizzazioni giovanili – ben il 38% – ha riferito che la fiducia nei membri del governo è diminuita dall'inizio della crisi del Covid-19. Inoltre, il 31% ha affermato che la soddisfazione per i processi democratici del proprio Paese si è ridotta, sempre nello stesso periodo: ciò si traduce in un calo della partecipazione civica, con un deterioramento della sicurezza e una maggiore polarizzazione delle idee politiche. I risultati del sondaggio evidenziano anche le preoccupazioni per la diffusione della disinformazione, sia in generale che associata agli aspetti scientifici della pandemia, fenomeno che sembra esser tanto più significativo per i giovani, dal momento che tendono a reperire la maggior parte delle informazioni tramite i social media. La disinformazione può alimentare confusione, divisione e sfiducia, condizionando dunque la percezione che i giovani hanno dei loro governi.

Alla domanda sulle implicazioni a lungo termine della pandemia, il 59% dei rappresentati delle organizzazioni giovanili ha espresso il timore che la crisi pandemica possa distogliere l'attenzione del governo dalla lotta ai cambiamenti climatici. Per i giovani, quindi, il contrasto alla crisi climatica rimane uno degli aspetti cruciali e maggiormente critici su cui le politiche dovrebbero dirigere i propri sforzi.


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Dagli impegni all’azione: come assicurare una ripresa equa, inclusiva e resiliente per i giovani? È questa la domanda finale che si pone il documento, delineando una mappatura delle iniziative in corso e pianificate nei Paesi dell'Ocse per collaborare con i giovani nella progettazione e realizzazione di una ripresa giusta ed efficace per tutte le generazioni. 29 Paesi includono politiche, programmi o altri impegni specifici per i giovani; 10 di questi Paesi hanno anche consultato i giovani nel processo.

Cosa fare per i giovani? In un’intervista pubblicata sul sito dell’Ocse, Fabiana Dadone, ministra per le Politiche giovanili, ha commentato il documento sottolineando come sia fondamentale che i giovani diventino parte integrante del processo politico: “ogni volta che si mette in atto, si pensa e si scrive una legge [i politici] dovrebbero porsi dal punto di vista dei ragazzi: così riuscendo a coinvolgerli, ad ascoltarli, facendoli sedere ai tavoli con i decisori politici”. Un tema emerso anche dall’indagine, secondo cui solo il 33% degli intervistati delle organizzazioni giovanili è soddisfatto di come i governi abbiano collaborato tra le istituzioni e con le organizzazioni della società civile per mitigare la crisi. Come emerge dalla ricerca, è necessario, quindi, che le risorse pubbliche mobilitate dai Piani di ripresa e resilienza dei governi affrontino le disuguaglianze intergenerazionali, creando le basi per il benessere futuro e la fiducia dei cittadini. E ciò può essere raggiunto solo attraverso la consapevolezza che non è possibile pensare ad una governance pubblica “in silos”:, poiché gli effetti della pandemia sono stati di così vasta portata da interessare trasversalmente tutti i settori della società.

 

di Giulia Gallo

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