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Dalle fondazioni sei proposte per il clima ai leader G20: “è l’ultima chiamata”

Redazione Ansa

Dal ripensare il nesso tra salute, cibo, biodiversità e clima all’allineare la “green and just transition” all’Agenda 2030 e all’accordo di Parigi sul clima. E poi, decarbonizzare la finanza e gli investimenti e alleggerire il debito per i Paesi in via di sviluppo. A un mese dal vertice del G20 di Roma, le principali fondazioni del mondo consegnano ai leader dei Paesi più industrializzati spunti e riflessioni sui temi legati al cambiamento climatico. E chiedono azioni più coraggiose, “per coordinarsi e realizzare una ripresa globale che sia verde, resiliente, sana ed equa per tutti”. “Green recovery, sustainable finance, just transition: putting words into deeds” è stato lo slogan che ha animato per due giorni il F20 Climate solutions forum 2021, l’incontro annuale promosso da Foundations 20, un network internazionale di più di 70 fondazioni che promuovono lo sviluppo sostenibile che si è concluso il 30 settembre al Milano innovation district – Mind.

L’edizione 2021 del Forum, inserita nell'ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile come evento nazionale del Gruppo di lavoro ASviS delle Fondazioni, è stata co-organizzata da Fondazione Cariplo, in collaborazione con altre fondazioni partner di F20 - Fondazione Unipolis, Fondazione Compagnia di San Paolo e Fondazione di Comunità di Messina - e con il supporto di ASviS, Assifero e Acri.

Con il Regno Unito e l'Italia che assumono rispettivamente le presidenze del G7 e del G20, e la ri-adesione degli Stati Uniti all'accordo di Parigi sul clima, il 2021 rappresenta un'opportunità importante per tradurre le parole in fatti. “Le fondazioni riconoscono le interconnessioni tra le cause profonde delle sfide che le loro comunità di riferimento stanno affrontando e le grandi sfide a livello globale. Questo rende l’F20 Climate solutions forum così utile”, ha dichiarato in apertura Marisa Parmigiani, direttrice di Fondazione Unipolis e co-chair di F20. Pierluigi Stefanini, presidente e portavoce dell’ASviS, ha raccontato i temi su cui le fondazioni e gli enti filantropici possono svolgere un ruolo importante nel solco dell’Agenda 2030: promuovere istruzione di qualità, buona salute e modelli di social housing, colmare il divario digitale, contrastare il cambiamento climatico. I punti cardine su cui lavorano le fondazioni - ha aggiunto - sono l’uguaglianza di genere, l’inclusione giovanile e la cura dell’ambiente.

In occasione dell’incontro è stato anche pubblicato il Position paper elaborato dal Gruppo di lavoro ASviS “Fondazioni per lo sviluppo sostenibile”. Il documento ha lo scopo di definire alcune linee guida per rafforzare la condivisione, l’apprendimento comune e il ruolo delle Fondazioni italiane nel raggiungimento degli Obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu. Il paper è accompagnato anche da una introduzione ed executive summary in lingua inglese.

Al forum hanno partecipato, nella giornata inaugurale, John Kerry, attualmente inviato speciale del presidente degli Stati Uniti per la gestione del clima e delle emergenze climatiche, Ban Ki-moon, già segretario generale delle Nazioni unite, e Johan Rockström, direttore del Potsdam institute for climate impact research.

Il tempo si sta esaurendo

Ban Ki-moon ha invitato il G20 a guidare “coraggiosamente” i nuovi Ndc (dall’inglese nationally determined contribution o contributi determinati a livello nazionale) in linea con il mantenimento del riscaldamento globale a 1,5°C: “Ad ora gli interventi globali per affrontare la crisi climatica sono largamente insufficienti rispetto a quello che serve. I leader sono di fronte a una straordinaria opportunità di agire ma il tempo a disposizione si sta esaurendo. La leadership del G20 è cruciale per garantire un futuro più sicuro. Il G20 rappresenta il 90% del Pil mondiale, l’80% del commercio globale e l’80% delle emissioni. Quello che succederà al G20 a fine ottobre sarà quindi determinante per la Cop26”.

 

Per John Kerry, ex segretario di Stato dell’amministrazione Obama, c’è la necessità di collaborare tutti insieme - governi, imprese, enti filantropici - per trovare soluzioni: “In un tempo in cui molti Paesi si stanno impegnando a piantare alberi, altri stanno disboscando la Foresta pluviale, distruggendo l’insostituibile biodiversità. E sono proprio quei Paesi che non hanno fatto nulla per invertire la rotta del riscaldamento globale”. Kerry ha raccontato gli impegni di Biden per diventare leader in climate finance ma ha ricordato che senza la finanza privata non c’è possibilità di vincere la gara: “Non possiamo permetterci un mondo diviso in due sulle scelte per la riduzione del riscaldamento globale e il prossimo appuntamento a Glasgow sarà l’occasione per trovare una soluzione finanziaria a questo disastro. Da parte degli Usa, è stato recentemente ricordato dal presidente Biden che stanzieremo 11 miliardi di dollari per finanziare l’azione per il clima. Ma di soldi ne servono ancora di più. E il settore finanziario privato sta facendo tantissimo per mettere al centro dei propri investimenti il problema del cambiamento climatico”.

 

I punti di non ritorno

Nel suo intervento, Johan Rockström ha detto che il mondo ha l’ultima possibilità per evitare conseguenze ben più drammatiche legate al clima: “È il momento della trasformazione e la scienza è molto chiara nel dirci che questa è l'ultima possibilità che abbiamo se vogliamo evitare di superare punti di non ritorno che ci porterebbero in modo irreversibile nella direzione sbagliata. Sappiamo scientificamente una cosa che non è capita da molti: l’ultima battaglia che determinerà il successo o il fallimento dell’accordo di Parigi non è l’eliminazione dei combustibili fossili ma la protezione dei bacini naturali di assorbimento della CO2”.

 

Ma le sfide globali del cambiamento climatico sono legate anche alla produzione alimentare, alla salute e alla biodiversità. Sapremo abbracciare queste complesse interconnessioni del sistema climatico? Lasse Bruun, ceo della coalizione 50by40 ha risposto così: "Abbiamo bisogno di un rapido passaggio alla produzione alimentare basata sull'agroecologia e sull'agricoltura rigenerativa. Dobbiamo fare i conti con il paradigma del secolo scorso e iniziare a lavorare con la natura e non contro di essa".

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di Andrea De Tommasi

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