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Alta sostenibilità: dal G20 niente svolta sull’abbandono dei combustibili fossili

Redazione Ansa

L’ultima tornata negoziale del G20 ha messo al centro del dibattito il ripristino degli ecosistemi e le politiche per la lotta al cambiamento climatico. Il 22 e 23 luglio si è tenuto, infatti, il G20 di Napoli su ambiente, clima ed energia. Ma cosa si è deciso nella due giorni che ha visto impegnati ministri e delegati nelle sale di Palazzo Reale? Quali sono le intenzioni dei Paesi in un momento in cui, come ci informa la comunità scientifica, risulta fondamentale agire in modo da evitare i peggiori disastri imposti dalla crisi climatica e da quella che interessa la biodiversità?

L’ultima puntata di “Alta sostenibilità”, andata in onda su Radio Radicale il 26 luglio e condotta da Valeria Manieri ed Elis Viettone, è stata l’occasione per fare il punto della situazione, grazie anche alla presenza di Angelo Colombini (segretario confederale Cisl con delega energia e ambiente), Monica Frassoni (Partito Verde europeo, presidente dell'Alleanza per il risparmio energetico), Roberto Menotti (editor-in-chief di Aspenia online, senior advisor per le attività internazionali all’Aspen institute Italia).

“Penso sia importante contestualizzare quanto successo”, ha iniziato così il suo discorso Frassoni, “il G20 rappresenta un luogo nel quale i governi dei Paesi più sviluppati si mettono insieme per trovare delle intese che in genere hanno un valore di indirizzo, non ci si attendeva dunque decisioni immediatamente operative. Ci sono alcune questioni rilevanti emerse, ma nei 58 articoli condivisi (su 60 totali) dai Paesi, presenti nei comunicati finali, difficilmente troviamo impegni vincolanti. Chiaramente un G20 su clima ed energia ha la sua importanza, non era infatti stato mai fatto, e siamo a pochi mesi dalla Cop 26 di Glasgow di novembre. L’evento di Napoli deve essere visto anche come preparatorio a questo importante appuntamento, per capire che ‘aria tiri’ sul clima”.

Durante il summit non si è trovato l’accordo per contenere l’aumento medio della temperatura terrestre entro la soglia di 1,5°C. Secondo Frassoni “c’è una resistenza enorme sulla fine della dipendenza dai combustibili fossili, lo vediamo persino in Italia, figuriamoci in Cina e in India. E inoltre c’è una dicotomia evidente tra i piccoli passi fatti nell’approccio di questi testi negoziali e l’urgenza di agire. Questa è la conseguenza del ritardo enorme accumulato dal 1992 a oggi nelle politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici”.

Sul “Fit for 55”, il pacchetto recentemente adottato per combattere la crisi climatica dalla Commissione europea, si è espresso Menotti: “Ricordiamo che stiamo parlando di un documento che deve passare al vaglio sia dei governi sia in parte dei parlamenti. Siamo di fronte a scelte che hanno delle conseguenze parecchio operative, si tratta infatti di mettere in moto dei meccanismi con una scadenza ben precisa. Per esempio ci sono vere e proprio politiche fiscali, come quelle di tassazione del carbonio. Importante ci sia un riferimento alla costituzione di un fondo sociale, che rappresenta una prima presa d’atto del fatto che la transizione ha dei costi relativi, cioè crea un problema di redistribuzione di risorse nel breve e medio periodo”.

Infine, delle conclusioni di questo G20 ha parlato anche Colombini: “I documenti usciti dal G20 sono dei punti di riferimento per i governi, che dovranno ‘sporcarsi le mani’ dentro realtà diverse. Per esempio, l’Europa sta investendo tantissimo su green e nuove tecnologie, però è quella che emette solo il 10% delle emissioni di gas serra. La grande responsabilità dell’Ue è quella di trascinare gli altri, con uno stretto rapporto con gli Stati Uniti noi potremmo davvero cambiare l’atteggiamento globale nei confronti dell’inquinamento e della crisi climatica. Dobbiamo poi aiutare a far capire alle persone il motivo e i benefici della transizione. Da un lato dobbiamo accompagnare cittadini e lavoratori nel cambiamento, dall’altro dobbiamo fare in modo che le persone ne siano protagoniste. Transizione vuol dire che in futuro dobbiamo riqualificare i nostri lavoratori, va creata un’alternativa ai lavoratori che oggi sono impiegati nell’industria fossile. Se non diamo nuove prospettive, rischiamo di fallire”.

 

di Ivan Manzo

 

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Vai all'archivio delle puntate di Alta sostenibilità, la trasmissione di ASviS a cura di Valeria Manieri, Ruggero Po ed Elis Viettone, in onda il lunedì dalle 12:30 alle 13:00 su Radio Radicale.

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