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Ecomondo: le imprese che hanno scelto un approccio green sono più resilienti

Redazione Ansa

“L’Agenda 2030 riconosce per la prima volta l’importanza del settore privato nel cammino verso lo sviluppo sostenibile”. Giulio Lo Iacono, responsabile pianificazione, gestione e monitoraggio delle attività trasversali ASviS, ha aperto il convegno “Le imprese e la finanza per lo sviluppo sostenibile. Opportunità e ostacoli”, tenutosi all’interno del Festival Ecomondo (3-15 novembre), salone di Italian exhibition group dedicato all'economia circolare e alle fonti energetiche rinnovabili.

“Le imprese sono coinvolte a pieno titolo in un processo trasformativo che prevede di integrare la sostenibilità all’interno dei modelli di business, mitigando i rischi finanziari e cogliendo opportunità verso il futuro e l’innovazione”.

La pandemia ha infatti messo in evidenza quanto il modello attuale non sia più rispondente alle esigenze di un Pianeta sempre più “malato”, per usare l’espressione di Papa Francesco. Negli ultimi anni si è potuto assistere a un’accelerazione verso la sostenibilità a livello internazionale, europeo e nazionale, dimostrando che è possibile collegare profitto e sviluppo sostenibile. Questo approccio si dimostra infatti particolarmente resiliente, richiedendo una spinta innovativa per identificare soluzioni future, nonché visioni di lungo periodo e una mentalità aziendale in grado di evolvere da uno sguardo interno (rivolto a costi, ricavi, risorse dell’azienda) a uno esterno, capace di confrontarsi con le sfide globali, i macrotrend e gli stakeholder.

“I segmenti più dinamici della finanza, attenti a investire in soggetti economici che integrino gli SDGs, sono quelli che guardano alle realtà con maggiore redditività e con fondamenta più solide” ha aggiunto Lo Iacono. I capitali investiti nelle strategie responsabili ammontano infatti a oltre 30mila miliardi di dollari, sottolineando il maggiore interesse da parte degli investitori in progetti più resilienti. “Questa transizione però va accompagnata”. A questo proposito, il corso Azienda 2030, promosso dall’ASviS, ha l’obiettivo di approfondire le ragioni dietro la trasformazione del modello di business aziendale, mostrando gli approcci di maggiore successo.

“Nonostante la preoccupazione acuta per la pandemia non è venuta meno l’attenzione verso la sostenibilità” ha ricordato nel suo intervento Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos Italia. “Avremmo potuto aspettarci un cambiamento delle prospettive, ma lo sviluppo sostenibile è al centro dell’attenzione”.

Questo vuol dire che “la finanza sostenibile non è più un tema di nicchia, così come l’interesse per la sostenibilità”. Secondo i dati Ipsos, più di un italiano su tre (37%) afferma di conoscere bene la questione della sostenibilità (nel 2011, era il 7%); a questo si aggiunge un 35% che “conosce la sostenibilità ma vorrebbe saperne di più”, mentre un altro 10% che dice di conoscerlo ma in realtà ne ha una concezione distorta.

Ma quali sono i “driver di conoscenza” che avvicinano il consumatore allo sviluppo sostenibile?

  • Etico: l’acquirente è indotto a comportamenti virtuosi per una cresciuta attenzione all’ambiente;
     
  • Emotivo: paura costante degli impatti climatici e ambientali;
     
  • Qualitativo: il cliente percepisce un legame significativo tra prodotti sostenibili e di maggiore qualità (mentre prima gli stessi articoli erano considerati di bassa qualità)

Sempre secondo i dati Ipsos, inoltre, è venuta meno nel tempo la contrapposizione tra investimenti sostenibili e sviluppo economico (il 59% degli italiani ritiene che i due temi vadano di pari passo). Per quanto riguarda la ripresa da Covid-19, il 19% degli italiani ritiene “fondamentale” che le risorse vengano impegnate all’insegna della sostenibilità, mentre il 26% lo ritiene molto importante, e un 27% “comunque importante”. Complessivamente tre quarti della popolazione italiana vuole comportarsi sostenibilmente (85%).

Ma la sostenibilità è sostenibile per le imprese?

Questi temi hanno raggiunto l’apice all’interno delle aziende” ha ricordato Pagnoncelli. “È importante osservare che due terzi degli italiani si ritiene in grado di riconoscere quali imprese siano sostenibili, perché mostrano elementi di garanzia”. Allo stesso tempo, però, è fondamentale declinare alcuni termini settoriali, come Esg (Environmental, Social and Governance, tre elementi centrali nella misurazione della sostenibilità e dell'impatto sociale di un investimento in un'azienda o impresa, ndr), perché acronimi come questo non vengono collegati alla finanza sostenibile e alle aspettative di difendere la Terra. “Per attrarre più investitori è necessario essere più chiari”.

“Le imprese che fanno sostenibilità hanno dei vantaggi, e attuano questo processo non solo per questioni di immagine, ma anche per ragioni indipendenti dalla fiscalità e dell’esistenza di incentivi” ha affermato a proposito Enrico Giovannini, portavoce dell’ASviS.

Le imprese che hanno scelto un approccio green sono infatti più resilienti. Ricerche Istat hanno dimostrato che, nella fase di ripresa dopo la prima ondata pandemica, la quota di aziende in rilancio strategico era più elevata tra quelle che avevano scelto la sostenibilità prima della crisi. “Anche sul piano finanziario l’Europa sta investendo molto” ha ricordato Giovannini a proposito dei fondi del Next Generation Eu dedicati al settore. Questo anche perché i consumatori, a causa del Covid-19 e dei numerosi legami tra pandemia e ambiente, hanno aumentato la loro attenzione verso i temi legati alla sostenibilità. “C’è però un forte rischio di green washing” ha ricordato il portavoce dell’ASviS. “Tante imprese parlano di sostenibilità ma poi non la fanno nel concreto”. Per questa ragione bisogna ampliare la quota di aziende obbligate a rendicontare i loro investimenti. “Abbiamo un’occasione straordinaria che non possiamo perdere”.

Sara Lovisolo, già membro dell’Eu Technical Expert Group on Sustainable Finance, ha ricordato che il lavoro di questo gruppo di lavoro, recentemente sostituito dalla Sustainable Finance Platform, è stato proprio quello di “dare indicazioni tecniche su alcuni strumenti necessari per rendere la finanza ‘sostenibile’, declinando queste informazioni sia verso gli utenti finali che gli investitori privati”. Molto importante a questo proposito è la definizione di una tassonomia condivisa degli investimenti sostenibili, per seguire criteri comuni ed evitare il rischio di greenwashing.

L’Agenda 2030 fa diventare la sostenibilità un aggettivo” ha aggiunto Marina Migliorato, vicepresidente di Csr Europe. “Questo perché include una finanza sostenibile, un modello di vita sostenibile, un’impresa sostenibile” concordandosi con ogni declinazione del mondo pubblico e privato.

Per favorire il cambiamento, Csr Europe ha messo in piedi delle piattaforme di lavoro tra imprese, in modo che le aziende possano scambiare informazioni e trovare modalità per fare filiera (ad esempio, per la logistica del trasporto su gomma). “Questo mondo di crescita sostenibile non deve essere affrontato in modo verticale: le imprese hanno scoperto che fare cooperazione può far cogliere migliori opportunità nel mercato”. La vicepresidente ha richiamato inoltre l’attenzione sulla necessità di un European Industry Pact, un patto condiviso per il settore privato che, abbandonando la logica dei silos delle singole industrie, possa rendere le imprese un “grande acceleratore” dello sviluppo sostenibile.

“Si nota un incremento della percezione dei temi della sostenibilità; ma il mercato cresce a un ritmo meno che proporzionale” ha aggiunto Francesco Bicciato, segretario generale del Forum per la finanza sostenibile. Secondo i dati del Forum, infatti, “il 70% degli investitori sono disponibili a investire in prodotti Esg, ma non lo fanno perché non glieli hanno proposti”. Il problema è dunque arrivare al grande pubblico, e le lacune si vedono soprattutto nel campo delle piccole e medie imprese. “Solo il 31-32% sono propense al finanziamento sostenibile. C’è un problema di comunicazione molto forte, così come un rischio di greenwashing. Il controllo sui fondi europei sarà fondamentale”.

I partecipanti al convegno hanno infine concordato sull’importanza di attuare politiche sistemiche strutturate, in grado di accompagnare e incoraggiare una transizione condivisa verso lo sviluppo sostenibile.

 

di Flavio Natale

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