ASviS

Il ruolo dei territori nei programmi di lungo termine e nelle politiche di sostenibilità

Redazione Ansa

Servono progetti strategici e politiche nazionali e territoriali integrate per vincere la sfida dello sviluppo sostenibile e rispondere concretamente agli Obiettivi dell’Agenda 2030. Digitalizzazione, riduzione delle emissioni, edifici scolastici e nuova didattica, periferie e rigenerazione urbana, lotta alla povertà e alle disuguaglianze e, soprattutto, coesione sociale e territoriale per ridurre le distanze tra Nord e Sud del Paese. La crisi epidemica spinge verso il cambiamento del modello di sviluppo e l’opportunità derivante dai fondi del programma Next Generation Eu, dai fondi europei della nuova programmazione 2021-2027 e da risorse nazionali, va utilizzata appieno, con una progettazione integrata di tutti i fondi. A tale scopo serve uno sforzo comune di soggetti pubblici, privati e della società civile: esponenti del Governo, delle Regioni e dei Comuni hanno chiesto all’ASviS di collaborare a progettare l’Italia del 2030, a partire dal disegno del “Piano di ripresa e resilienza” e dell’Accordo di partenariato che orienterà i fondi strutturali per gli anni 2021-2027.  

È questo in estrema sintesi il messaggio emerso stamane nel corso dell’evento “Territori come motore dello sviluppo sostenibile”, svoltosi nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile in corso fino all’8 ottobre, durante il quale amministratori pubblici e privati insieme a rappresentanti del Governo, delle Regioni, delle Province e delle Città si sono confrontati sul ruolo dei territori per programmare e realizzare politiche coerenti nella direzione dello sviluppo sostenibile come disegnato dall’Agenda 2030.

L’incontro si è svolto al Macro di Roma nella mattinata di giovedì 1° ottobre, con partecipazioni in presenza e on line e un pubblico virtuale che ha superato le 40mila persone. Il presidente dell’ASviS, Pierluigi Stefanini, in apertura, ha affermato che nella modalità territoriale si sviluppa una compartecipazione che può diventare un nuovo modo di intendere il governo della cosa pubblica. “La cura del territorio è importante per alzare il livello della tutela e anche per produrre una ulteriore capacità di innovazione sociale”.

Simone Morandini, dell’istituto di Studi ecumenici San Bernardino di Venezia, ha trattato il tema dell'etica della sostenibilità per il governo dei territori, che ha compendiato in una frase: “cambiare rotta per custodire il futuro”. La fase storica che viviamo esige lungimiranza, per misurarci con una realtà che è in continuo cambiamento. Abitiamo l’Antropocene, cioè l'epoca in cui l’agire umano è diventato l'elemento determinante del cambiamento del Pianeta e il cambiamento climatico ne è forse la dimostrazione più chiara. Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi? Già questa generazione si dimostra profondamente esposta alle dinamiche in atto, basti pensare ai fenomeni metereologici estremi: sono le avvisaglie di un mutamento che sta solo iniziando a dispiegarsi. Sappiamo coltivare una umanità capace di guardare in avanti, alla costruzione di sostenibilità? Una umanità solidale, capace di modulare le proprie forme di vita alla responsabilità verso gli altri, incluse le prossime generazioni? Al momento non è questo il percorso che l'umanità sta seguendo, ha risposto Morandini. “Andiamo verso la tempesta perfetta dalle conseguenze potenzialmente catastrofiche; abbiamo bisogno di cambiare rotta, mettere in atto quella che Francesco chiama ‘conversione ecologica’. Un'etica della sostenibilità esige mutamenti profondi, strutturali e chiede di realizzare tutto questo in una transizione giusta, perché il cambiamento sia di aiuto a tutti, in particolare ai soggetti più fragili e svantaggiati”. I territori sono gli ambiti in cui queste sfide prendono concretezza, ma sono al contempo i luoghi di una reazione creativa in cui le comunità locali fanno azioni di sostenibilità. Perché questo sia possibile occorre che in tutti i soggetti coinvolti si affermino nuove virtù, nuovi comportamenti positivi, quella capacità progettuale che si traduce in una nuova visione della politica, della economia, della società. Citando la “Laudato sì” Morandini ha concluso affermando che “la nostra preoccupazione per questo pianeta non deve toglierci la gioia della speranza e credo davvero che la speranza sia l'ultima qualificante componente di un'etica della sostenibilità, conferendole una forza imprevedibile”.

Vito Borrelli, vicedirettore della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, ha ricordato che il tema dello sviluppo sostenibile è al centro degli incontri dell’Unione europea in questi giorni così come è stato al centro del discorso di Ursula von der Leyen sullo stato dell'Unione. La Comunità europea si è impegnata sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile sia nelle azioni interne che in quelle esterne e questo vale anche per le politiche dirette al territorio. La politica di coesione è uno strumento fondamentale per le politiche di sviluppo sostenibile e nel programma 2021 - 2027 la Commissione opererà per assicurare in ogni regione una transizione verde e digitale che non lasci indietro nessuno.

Si è aperta poi una tavola rotonda su “Il Piano nazionale di rilancio e le proposte dell’ASviS per territori sostenibili”, moderata da Monica Paternesi dell’Ansa. La relazione introduttiva è stata tenuta da Walter Vitali, direttore di Urban@it, e coordinatore del Gruppo di lavoro sul Goal 11 dell’ASviS. Per Vitali, la battaglia per lo sviluppo sostenibile si vince e si perde nelle città. Ha citato tre documenti: il pacchetto di investimenti elaborato dall’ASviS; le proposte avanzate dalla Commissione europea il 17 settembre; le linee guida per il Piano nazionale di ripresa e resilienza presentato dal governo. Il pacchetto di investimenti dell’ASviS è traguardato alle tre fondamentali direzioni contenute nella strategia europea: transizione verde; trasformazione digitale; sanità e lotta alla povertà, il tutto in un quadro di stabilità finanziaria. L'Europa chiede di presentare insieme il Programma per la ripresa e la resilienza e il Piano nazionale di riforma, quindi occorre mettere insieme i piani del Next generation Eu, i fondi nazionali e quelli del settennato europeo. “Ho apprezzato le linee guida europee perché contengono obiettivi quantitativi fino al 2030” ha detto Vitali, segnalando però che nessuna città italiana si è proposta, come Stoccolma, Copenaghen Parigi, di raggiungere la neutralità climatica dieci anni prima degli obiettivi della von der Leyen, cioè al 2040.  In conclusione, al momento bisogna porre l'accento sul coordinamento delle strategie per raggiungere gli obiettivi europei. Dobbiamo vedere quale contributo possono dare città e territori al raggiungimento del piano. “È fondamentale avere un unico documento, tra Programma nazionale di ripresa e resilienza e Piano nazionale di riforma, che secondo noi potrebbe avere una durata uguale al Next generation Eu, cioè sei anni, e diventare un grande piano nazionale per lo sviluppo sostenibile”.

È poi intervenuto Francesco Boccia, ministro per gli Affari regionali, che ha rivendicato la capacità dimostrata finora dal governo di costruire con Comuni e Regioni dei modelli di ripartenza. “Mattoncino dopo mattoncino abbiamo messo insieme un sistema che ci fa essere tra i Paesi meglio in grado di affrontare l'emergenza. Nel giro di tre mesi siamo passati da essere percepiti come un Paese di untori dopo la Cina, a un Paese virtuoso”. Il negoziato europeo chiuso a luglio ci pone di fronte a prospettive nuove. La sfida è ora come si pongono i territori. “Entro fine anno il ministro Amendola tirerà le somme. Nel comitato interministeriale che coordina ci sono Regioni ed enti locali e non si potrà prescindere dalle proposte che arriveranno dai territori”. Boccia si è detto a favore della proposta di Vitali di anticipare al 2040 le politiche di emissioni zero delle città e ha ricordato che in passato una sua proposta in questo senso era stata respinta in Parlamento, “Ma oggi siamo al governo e penso che ci siano tutte le condizioni per riprenderla: il Paese è più forte perché c’è una maggiore sensibilità ambientale e quindi potremo essere all'altezza della sfida”.  Siamo anche maturi per vincolare alcune politiche pubbliche al Bes, i parametri di benessere equo e sostenibile. “Quattro anni fa abbiamo inserito alcuni indicatori Bes nel Def, il Documento di economia e finanza, ed è stato un grande passo avanti, ma ora possiamo fare un passo in più usando gli indici di sostenibilità per misurare l'efficacia della nostra azione”.

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di Donato Speroni

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