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Il mondo non raggiungerà gli obiettivi sulla biodiversità al 2020

Redazione Ansa

Secondo il Global biodiversity outlook 5 (Gbo5) delle Nazioni unite sullo stato di conservazione del capitale naturale, siamo ancora lontani dal raggiungere gli obiettivi che ci eravamo prefissati, e di sicuro non riusciremo a centrare quelli in scadenza proprio nel 2020. Dall'inquinamento diffuso alla scarsa protezione delle barriere coralline, la comunità internazionale non è riuscita dunque a realizzare nessuno dei Target di Aichi, gli obiettivi sul ripristino della biodiversità concordati tra le nazioni in Giappone nel 2010 durante una sessione della Convenzione sulla diversità biologica. Un fallimento che segue il precedente, è infatti il secondo decennio consecutivo in cui i governi non mantengono quanto promesso in sede negoziale.

Il Rapporto mostra come, nonostante qualche piccolo progresso in determinati campi ci sia stato, gli habitat naturali proseguano nel loro declino, basti pensare che un gran numero di specie è oggi sotto minaccia di estinzione (un milione sulle otto milioni di specie conosciute), mentre i governi ancora destinano 500 miliardi di dollari in sussidi dannosi per l'ambiente. L’Italia su questo rappresenta un caso emblematico: ogni anno orienta più di 19 miliardi di euro verso pratiche nocive per i nostri ecosistemi.

La causa di questa drastica perdita di biodiversità è chiara, e viene da “una mancata azione su questi temi che sta mettendo a rischio non solo l’Accordo di Parigi sulla crisi climatica ma anche il raggiungimento dell’Agenda2030”.

“I sistemi viventi della Terra nel loro insieme sono stati compromessi”, sostiene Elizabeth Maruma Mrema delle Nazioni unite, “Più l'umanità sfrutta la natura in modi insostenibili più miniamo il nostro stesso benessere, la nostra sicurezza e la prosperità futura".

Il Rapporto è il terzo nel giro di pochi giorni a fare luce sullo stato “devastante” del Pianeta. Il Living planet report 2020 del Wwf, per esempio, la scorsa settimana ha ribadito lo stato di crisi che ha colpito le popolazioni di animali selvatici globali.

In generale, dei 60 Target sulla biodiversità di Aichi solo sette sono stati raggiunti (in particolare quelli sull’ampliamento delle aree protette), mentre 38 hanno mostrato qualche piccolo progresso; per 13 invece non viene segnalato nessun passo in avanti; per 2 Target è stato impossibile misurare la situazione. L'obiettivo principale di dimezzare la perdita degli habitat naturali e di arrestare la deforestazione rimane ancora difficile da realizzare (anche se il tasso di deforestazione si è arrestato di un terzo rispetto al decennio precedente), mentre il degrado degli ecosistemi più ricchi di biodiversità rimane troppo elevato. Inoltre, le “aree selvagge” e le “zone umide” si sono ridotte ulteriormente negli ultimi dieci anni, e tutt’ora risultano gravemente minacciate.

Il tutto mentre, come precedentemente detto, continuano i finanziamenti da parte dei governi verso quelle attività dannose per la biodiversità, come ricorda l’autore principale dello studio, David Cooper (vice segretario esecutivo della Convenzione sulla diversità biologica): "Stiamo ancora vedendo molto più denaro pubblico investito in cose che danneggiano la biodiversità che in cose che invece supportano la biodiversità”.

Sebbene ci siano stati progressi in alcune regioni nel mondo, la percentuale di stock marini sovrasfruttati è aumentata nell'ultimo decennio, inoltre la presenza dei rifiuti di plastica danneggia la funzione dell'ecosistema marino. Circa 260mila tonnellate di microplastiche si sono infatti accumulate nei nostri oceani, con impatti spesso sconosciuti. Più del 60% delle barriere coralline del mondo sono attualmente minacciate, soprattutto a causa della pesca eccessiva e del cambiamento climatico. Altro problema grave è dato dall’inquinamento dei rifiuti elettronici, in costante crescita in tutto il mondo a causa di un consumo che si intensifica.

Negativo infine anche il capitolo che riguarda la protezione degli ecosistemi da cui dipendono le comunità indigene, e male la conservazione di ecosistemi vitali per l’uomo, quelli per esempio in grado di fornire acqua pulita, medicine e mezzi di sussistenza.

Il Rapporto delle Nazioni unite arriva in un momento dove le Parti della Convenzione sulla diversità biologica stanno negoziando i nuovi obiettivi da raggiungere entro il 2030. Obiettivo significativo presente nella bozza che circola da qualche mese fa è il riferimento alla protezione del 30% dell’intero Pianeta. La speranza è che il prossimo decennio sia diverso dai precedenti e rappresenti davvero quello per il “rispristino degli ecosistemi”, come dichiarato dall’Onu.

 

di Ivan Manzo

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