ASviS

Ma questo Paese ha capito come cambia il mondo?

Redazione Ansa

…in un mondo impazzito in cui chiusura e mascherine stanno diventando di sinistra e apertura e volto scoperto di destra, cosa che divertirebbe molto Giorgio Gaber ma dovrebbe fare disperare tutti noi…

Non resisto alla tentazione di aprire la mia riflessione con la fulminante battuta di Andrea Mercuri, sulla Rassegna stampa del Corriere della Sera. In realtà, considerando anche che questa è l’ultima newsletter settimanale dell’ASviS prima della pausa estiva (riprenderemo venerdì 21 agosto, anche se i nostri siti continueranno a essere aggiornati), vorrei parlare di tutt’altro. In omaggio alla stagione, cominceremo dal mare e dai delfini, con una buona notizia tecnologica pubblicata sempre dal Corriere. È stato messo a punto un marchingegno da montare sui pescherecci: emette ultrasuoni che avvertono i tursiopi di stare lontano dalle reti. Se funziona, si eviterà l’inutile massacro di questi intelligenti animali che spesso restano intrappolati nelle reti: 240 delfini morti ritrovati sulle nostre coste nel 2019 e chissà quanti in fondo al Mediterraneo. Con tecniche analoghe, si può sperare di trovare il “linguaggio” per salvare migliaia di altri cetacei, dai capodogli alle balene, che muoiono a causa del bycatch, la pesca per errore, come ci raccontano le cronache anche in questi giorni.

Com’è bella la tecnologia, forse Gaber oggi ci farebbe una sua canzone.

…e tante macchine sempre di più, sempre di più, sempre di più, sempre di più!...

Però prima di entusiasmarvi troppo guardate questo breve video: è in sperimentazione in Cina una sorta di coroncina che, appoggiata sulla testa dei bambini, controlla e segnala agli insegnanti, momento per momento, il livello di attenzione. Siamo ben oltre il riconoscimento facciale, ci avviciniamo al controllo del pensiero attraverso i movimenti degli occhi.

“È come se ogni domenica aprissimo una finestra su quello che fino a ieri era solo fantascienza”, ha detto l’esperto Edoardo Fleischner, interrogato da Emilio Targia nella bella trasmissione su Radio radicale “Media e dintorni”, dedicata alle tecnologie della comunicazione e non solo. Basta una scorsa alla loro pagina Facebook per convincersene. Mentre i politici litigano sul 5G e sul rischio di affidare ai cinesi il controllo delle comunicazioni del futuro, Fleischner ci racconta che è già allo studio il 6G: in una decina di anni, grazie ai miliardi di dati che trasferirà ogni secondo, consentirà di andare ben oltre le attuali videoconferenze, con la proiezione di ologrammi, come se i tuoi cari (o i tuoi colleghi) fossero seduti nel tuo salotto. Magari ci vorrà un po’ di più di dieci anni, come è accaduto per le traduzioni automatiche che dovevano essere perfette entro il 2020 e che invece lasciano ancora a desiderare. Però non sottovalutiamo l’impatto dell’Agi, l’artificial general intelligence, che non impara da un software ad hoc, ma divora migliaia di libri e magari ne paragona le versioni in diverse lingue per imparare a tradurre sempre meglio.

Amici che vivono facendo traduzioni mi dicono che ormai in molti casi è meglio partire dalla versione di “Google translate” e correggerla, soprattutto per testi tecnici, anziché tradurre frase per frase. Ovviamente, questo abbatte i tempi, ma anche il prezzo corrisposto a questi professionisti. È già stata lanciata la prima versione di un software che legge i geroglifici, mentre i traduttori verbali stanno facendo passi da giganti e avvicinano il tempo in cui potremo intenderci con un eschimese, magari per lamentarci del caldo, senza troppe difficoltà.

Anche i giornalisti, ahimè, sono sempre più a rischio. Fino a ieri sapevamo che l’intelligenza artificiale era in grado di produrre brevi note d’agenzia, per esempio la cronaca asettica di una partita di calcio. Ma ora la Reuters ci informa che Oliver Taylor è riuscito a piazzare sei tra articoli ed editoriali (editoriali!) su importanti testate internazionali, con tanto di profilo e fotografia. Ma Taylor non esiste, è solo un fake journalist, inventato usando una deep fake tech.

E gli psicologi? Per curare le depressioni e supplire al superlavoro degli umani durante il Covid, si sono diffusi le psicochatbot: risponditori che ti ascoltano, ti danno qualche consiglio generico (“Pensa quale è stato il momento più bello della tua giornata”) e ti ritelefonano periodicamente (se hai pagato) per sapere come stai. Dicono che aiuti.

In questa inquietante rassegna di innovazioni (e di problemi sociali ma anche etici) che ci piomberanno addosso in un paio di lustri, ho tralasciato le cose che già sappiamo, come gli automezzi senza guidatore, i droni al posto dei fattorini e via dicendo, con tutti gli impatti che avranno sul mondo del lavoro. Ma devo ricordare la previsione di Elon Musk, forse l’imprenditore privato che più guarda al futuro, il quale avverte che presto i computer saranno in grado di superare la mente umana. Non lo fa per vantarsi dei suoi successi tecnologici, ma per metterci in guardia dai rischi di questa rivoluzione. E dice in una rara intervista al New York Times ripresa da  Massimo Gaggi:

Chi ha una mente brillante non accetta l’idea che una macchina possa essere più brillante di lui. Ma questo, ovviamente, è falso. Le macchine arriveranno al nostro livello tra cinque anni. Non è che allora finiremo tutti all’inferno. Ma cominceremo a vedere cose strane.

Così sarà il mondo di domani, ci piaccia o no, e dipende dalle scelte di tutti noi se sarà sostenibile, cioè in grado di far vivere decentemente nel 2050 nove miliardi di persone senza lasciare un deserto alle successive generazioni. Con il sito futuranetwork.eu vogliamo stimolare il dibattito sulle scelte necessarie oggi per un futuro che si muova nella linea dell’Agenda 2030 dell’Onu, ma che si proietti positivamente oltre il prossimo decennio. Cerchiamo anche di esplorare e proporre riflessioni su questi scenari sconvolgenti, così poco considerati nel dibattito pubblico italiano.

Il sito è operativo da appena due mesi, ha già un buon successo a giudicare dalle interazioni che ha messo in moto, ma chiedo a chi lo frequenta di avere pazienza se ancora si vedono limiti (per esempio, la mancanza di una funzione “Cerca”). Per costruire e perfezionare continuamente il portale dell’ASviS di cui questo editoriale è espressione, ci sono voluti più di quattro anni e l’impegno di un gruppo di giovani entusiasti, con una forte presenza femminile, cresciuti professionalmente in questa esperienza. Con futuranetwork.eu saremo più rapidi, anche perché collaborano con noi competenze importanti esterne all’Alleanza, ma per andare davvero a regime ci vorrà ancora qualche tempo.

Lo confesso, continuo a “parlar d’altro” perché ho poca voglia di entrare nelle vicende italiane. Del resto, la posizione e le proposte dell’ASviS sono state espresse venerdì scorso dall’editoriale del portavoce Enrico Giovannini e ribadite con chiarezza in una serie di prese di posizione di questa settimana, a partire dal dialogo con Emma Bonino su “Alta sostenibilità” all’audizione alla Camera di mercoledì 29. In estrema sintesi, l’Italia per riprendersi ha bisogno dei fondi europei. I fondi però verranno erogati solo su progetti precisi, nell’ambito delle priorità fissate dall’Unione, a partire da transizione ecologica e digitalizzazione. Per mostrare questa capacità di progettare, gestire e rendicontare l’uso dei fondi, il Paese deve cambiare radicalmente il modo di far politica. L’attuale dialettica tra i partiti e la qualità della classe dirigente (seppure con eccezioni significative) rendono questo cambiamento molto difficile. Rivoluzione digitale, green new deal, contrasto alla crisi climatica, capacità di previsione e di valutazione d’impatto a medio e lungo termine non sono certo le priorità nel dibattito pubblico. 

Morale: non diamo per scontato che potremo accedere alla pioggia di euro di mamma Europa e neppure che potremo continuare a ripagare il nostro debito con gli attuali bassi tassi d’interesse: tutto dipende da come sapremo cambiare. Quindi godiamoci qualche settimana di relax, chi può, poi allacciamo le cinture perché l’atterraggio nell’autunno della realtà potrebbe essere piuttosto brusco, come mostrano anche i recenti dati dell’Istat sull’occupazione e la disoccupazione.

Ancora una considerazione. Absit iniuria, ma mi verrebbe da dire “meno male che l’ASviS c’è”. Senza il lavoro che abbiamo fatto in questi quattro anni e mezzo, compreso l’intensissimo impegno nel periodo del lockdown, ben pochi in Italia conoscerebbero l’Agenda 2030 e i suoi 17 Obiettivi che uniscono il mondo in uno sforzo comune, nonostante le tante difficoltà. Soprattutto, non si sarebbe messo in moto nel Paese quel grande movimento che è testimoniato da tutte le nostre attività, dalle proposte dei gruppi di lavoro (che si esprimono nel Rapporto annuale e negli altri documenti politici) alle iniziative a ogni livello per l’educazione allo sviluppo sostenibile, dalle centinaia di incontri, virtuali e non, di circoli e associazioni a cui partecipiamo perché invitati, a quel vero e proprio fuoco di artificio di eventi che è il nostro Festival dello Sviluppo Sostenibile (a proposito, sono aperte le registrazioni per il prossimo).

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di Donato Speroni

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