Abruzzo

I superstiti di Rigopiano: vivere dopo aver perso genitori o coniuge

Per tutti loro è impossibile dimenticare

Una immagine del 26 gennaio 2017

Redazione Ansa

A sei anni dal 18 gennaio 2017, quando una valanga travolse e distrusse l'Hotel Rigopiano di Farindola, provocando la morte di 29 persone, la vita degli undici superstiti scampati al disastro e di tutti coloro che in quella tragedia hanno perso un parente va avanti. Dopo 2.227 giorni, c'è chi ha un nuovo lavoro, chi si è trasferito, chi ha aperto un'attività e quelli che all'epoca dei fatti erano bambini oggi sono cresciuti. Dimenticare, però, è impossibile, soprattutto alla vigilia della sentenza.

"Da allora non andiamo più in montagna e sulla neve, è rimasto un segno", dice Giampiero Parete, il cuoco che quel giorno lanciò i primi sos senza essere creduto. La sua è l'unica storia a lieto fine di quella tragedia: dopo di lui, infatti, furono salvati anche la moglie e i due figli. Oggi Giampiero ha un ristorante a Silvi (Teramo); i figli frequentano le scuole medie, mentre la mamma Adriana continua a fare l'infermiera.

Continua a lavorare nella pasticceria di famiglia a Monterotondo (Roma), Giampaolo Matrone, ultimo sopravvissuto della tragedia: fu estratto vivo dalle macerie dopo oltre 60 ore e, sottoposto a numerosi interventi chirurgici, ha riportato gravi traumi agli arti. La valanga si portò via sua moglie, Valentina Cicioni, con cui il pasticcere si era concesso una breve vacanza in montagna. Matrone ora dedica ogni momento libero alla figlia Gaia. La bimba, che il giorno della tragedia era a casa con i nonni, oggi ha undici anni.

Vive e lavora ancora a Penne, Fabio Salzetta, che era tecnico manutentore dell'Hotel Rigopiano. Fu il primo ad essere individuato dai soccorritori e, nonostante lo shock e il freddo, rimase lì, per cinque interminabili giorni, per aiutare nelle ricerche, perché conosceva alla perfezione quel posto e, soprattutto, perché sotto le macerie c'era sua sorella, poi trovata morta nel giorno del suo 31esimo compleanno.

Si è trasferito a Torino, dove vive e studia in un istituto, Edoardo Di Carlo, oggi 14enne, uno dei bambini estratti vivi dalle macerie. In quella tragedia, quando aveva appena sei anni, perse i genitori, Nadia Acconciamessa e Sebastiano Di Carlo. Da Loreto Aprutino (Pescara), si sono trasferiti al Nord, per studio e per lavoro, anche i due fratelli maggiori, che in quel drammatico 18 gennaio erano a casa. Prova a fatica a dimenticare Francesca Bronzi, oggi 31enne.

La giovane, che vive a Montesilvano (Pescara) e lavora come impiegata, ricorda ancora quelle ore interminabili sotto le macerie. Fu una delle ultime persone ad essere salvata. La stessa sorte, però, non toccò al suo fidanzato, Stefano Feniello, 28 anni. Per giorni, prima in ospedale e poi a casa, Francesca lo attese, invano. Il nome di Stefano, infatti, fu inserito in una lista di cinque persone estratte vive, ma si trattò di un errore. Bronzi, assistita dall'avvocato Alessandro Dioguardi, ha scelto di non essere in aula domani per la sentenza

Va avanti, sempre con il pensiero rivolto a sei anni fa, anche la vita degli altri superstiti di Rigopiano, Samuel Di Michelangelo, 15enne che nella tragedia perse i genitori, Vincenzo Forti e Giorgia Galassi.

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