Abruzzo

Moti 1971:Molinari, Pescara maggiore rappresentanza politica

Redazione Ansa

(ANSA) - L'AQUILA, 26 MAR - "Quando la situazione si sbloccò ci fu il comizio che vide all'Aquila Pietro Ingrao, del partito comunista, con un accordo che coinvolse sia i politici di sinistra sia democristiani, ma dentro di me pensai che nella decisione ha pesato il fatto che a Pescara c'è una maggiore rappresentanza politica che spostò il baricentro della scelta a favore di quel territorio con 7 sedi di assessorato su 10 a Pescara e la conferma del capoluogo all'Aquila". Così l'arcivescovo metropolita, Giuseppe Molinari, aquilano doc a capo della Curia aquilana dal '98 al 2013, ricordando i concitati e tesi 27 e 28 febbraio del 1971, i giorni più caldi dei Moti dell'Aquila per la contesa con Pescara sul capoluogo e sulle sedi degli assessorati. A 50 anni dal fatto, Molinari, 82 anni, a riposo nella casa della sorella all'Aquila, torna con la mente a quei momenti.
    "Ci furono incendi ad assalti in città - ricorda all'ANSA - persino nella casa del democristiano Fabiani e nella sede del Pci. Sono uscito finché si poteva, il 27 e il 28 sono stato chiuso in casa, era un problema uscire tra sassaiole e scontri tra dimostranti e polizia. Vedevo qualcosa dalla finestra del seminario: la gente si infuriò quando venne fuori che il consiglio regionale aveva deciso che le sedi di sette assessorati sarebbero andati a Pescara e tre all'Aquila, come poi successo. Ci furono incendi ed assalti in città, persino nella casa del democristiano Fabiani e nella sede del Pci.
    Qualcuno se la prese anche con il vescovo Stella che difendeva gli aquilani non d'accordo con le sette sedi degli assessorati a Pescara e tre a L'Aquila".
    Molinari racconta un episodio vissuto personalmente: Un gruppo di persone entrò in una porticina che dall'ingresso del vescovado portava alla cattedrale attraverso la sagrestia e con la fune cominciarono a suonare le campane, stessa cosa fecero in altre tre chiese".
    Il prelato racconta anche siparietti nell'ambito di quei momenti di tensione. "Furono giorni pieni di tensione e preoccupazione, ma non mancarono le macchiette simpatiche, come quella del compianto don Angelo Mariani, sacerdote energico e schietto, molto noto in città, che si unì ai contestatori: i carabinieri lo caricarono sulla camionetta pere metterlo in sicurezza, un gruppo di dimostranti, pensando che fosse stato arrestato, gli chiese se serviva aiuto. Lui rispondeva 'state calmi'". (ANSA).
   

Leggi l'articolo completo su ANSA.it